Oggi, la storia
Mercoledì 04 maggio 2016 - 07:05
Il suono metallico del clavicembalo è contraddistinto da un'atmosfera astratta. Ciò (è il caso di dirlo) non comporta alcuna nota stonata.Percuotendo i suoi tasti si producono musiche straordinarie, a volte persino mirabolanti o incantatorie come nel caso del celebre fandango di Antonio Soler. Il suo timbro sa però di artificio: è per la musica quello che nel campo delle arti figurative è l'incisione, forma artistica nella quale tutto dipende dalla precisione del segno e non già dalla varietà della tavolozza.
Il suono del clavicembalo conosce su vasta scala (è il caso di dirlo) l'acuto e il grave, ignora però il piano e il forte. Il pizzico meccanico delle corde non consente di introdurre le variazioni di volume irrinunciabili per altre forme musicali, si pensi innanzitutto al canto. Il timbro particolare del clavicembalo è connesso alla sua incapacità di alzare e di abbassare la voce.Per dare concretezza, sfumature, realismo alla tastiera fu necessario passare dal plettro meccanico al martelletto. Si doveva cioè trovare uno strumento in grado di emettere suoni sia piani sia forti.
Un primo, importante passo in questa direzione fu compiuto da Bartolomeo Cristofori. Nato a Padova il 4 maggio 1655, Cristofori si trasferì a Firenze ai primi del Settecento. In quella città costruì alcuni fortepiani antenati diretti del moderno pianoforte. Iniziò così la storia di quello che, in virtù della sua completezza, è diventato lo strumento musicale per eccellenza. L'ampiezza della sua tastiera e la variazione nell'intensità del suono lo rendono capace di ospitare dentro di sé qualsiasi altra musica. A provarlo basterebbe l'esistenza di innumerabili trascrizioni. Alcune tra esse fanno tesoro anche di un altro aspetto ospitale del pianoforte: il suo essere suonabile a quattro mani. Siamo perciò di fronte a uno strumento musicale aperto alla collaborazione. Una realtà che ha tanto da dirci pure nella vita quotidiana.