Dalla stazione “internazionale” al confine tra Italia e Francia sono passati imperatori, capi di stato, uomini d’affari, ricchissimi turisti. Da Ventimiglia si raggiungeva senza cambi intermedi località come Londra, Basilea, Berlino, Mosca, Parigi, Madrid, Roma e Napoli. Amsterdam era addirittura servita da un convoglio che passava dalla capitale francese e Bruxelles e da uno che passava da Milano, Chiasso e la Germania. Poi la dismissione del servizio internazionale, il ridimensionamento dell’offerta e la crisi chiara, evidente, che si respira ovunque in stazione e tutto intorno.
La stazione di Ventimiglia è ora “militarizzata” e priva di servizi essenziali per contenere la presenza dei migranti che cercano di raggiungere la Francia in treno o a piedi lungo i binari o sui passi di montagna. Divise di polizia, carabinieri, guardia di finanza, reparti speciali francesi sono ovunque, sui binari e sui vagoni, per controllare il modesto traffico passeggeri, ora costituito da turisti in transito, frontalieri e appunto migranti.
Di passaggi internazionali non c’è più traccia, il tabellone di arrivi e partenze estremamente scarno e solo per le destinazioni italiane. Restano i ricordi: i bambini che andavano a salutare i passeggeri in partenza, la stazione affollata di dipendenti delle ferrovie italiane e francesi, gli alberghi di alto standard per i passeggeri che si fermavano in attesa delle operazioni doganali. Camminando sulle pensiline si percepisce chiaramente la malinconia di un passato che non tornerà.
Con i ferrovieri in pensione Enrico Malan e Giorgio Fusaro, l’operatrice umanitara Eugenia Genovese, la storica Andreina Muratore la dirigente SNCF Evelyne Niel, il sindacalista CGIL Domenico Casile, lo storico e scrittore Enzo Barnabà e il console della compagnia dei Ventimigliusi Marco Scullino.
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