L’essere umano è incredibilmente bravo a riconoscere pattern facciali in oggetti inanimati. Vediamo volti anche dove non ce ne sono ed è dovuto alla necessità, sviluppata nell’arco di migliaia e migliaia di anni di evoluzione, di riconoscere predatori nascosti nella vegetazione circostante. Io attribuisco a questa nostra particolare caratteristica il fatto che, musicisti e appassionati di musica in generale, finiscono per riconoscere suoni e pattern e li attribuiscono, in maniera più o meno giustificata, ad influenze, correnti, artisti, canzoni specifiche. Il tutto contornato dalle vibrazioni semifredde dell’autunno, che fa da sfondo con i suoi colori e le sue metafore di vita.
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