Ogni anno si preannuncia un autunno caldo sul fronte delle rivendicazioni salariali. Ebbene ci siamo. E’ autunno. E il clima fra datori di lavoro, dipendenti e sindacati si è fatto -se possibile- ancora più caldo del solito. I motivi non sfuggono a nessuno: i prezzi aumentano, aumentano sia per chi fa impresa sia per chi fa la spesa al supermercato, l’energia costa di più per tutti, l’inflazione rimane un’osservata speciale. Eppure i salari faticano a venir adeguati al rincaro. Per il 2022 le cifre di UBS parlano chiaro: in media ogni lavoratore ha perso l’1,8% del suo stipendio reale. E per il 2023 in molti settori i negoziati sono in corso. Le aziende che se lo possono permettere garantiscono che faranno del loro meglio. Quelle con margini ridotti, chiedono la comprensione dei loro dipendenti. In più, c’è chi sostiene che in futuro la carenza di manodopera potrebbe far aumentare gli stipendi. Una buona o una cattiva notizia per datori di lavoro e impiegati?
Temi di cui discutiamo a Modem con:
STEFANO MODENINI – direttore di AITI
NICOLA BAGNOVINI – direttore della SSIC TI
GIANGIORGIO GARGANTINI – segretario cantonale del sindacato UNIA
RENATO RICCIARDI – segretario cantonale del sindacato OCST
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