Domenica iniziano i lavori del Congresso del Partito comunista cinese (Pcc). Si tratta dell’evento politico e istituzionale più importante degli ultimi cinque anni e 2296 delegati arriveranno a Pechino con il compito di eleggere i membri del Comitato centrale del Pcc. Questi, a loro volta, eleggeranno i componenti dell’Ufficio politico (Politburo), del suo Comitato permanente e infine il segretario generale del Pcc.
L’attuale presidente della Repubblica popolare cinese e segretario del partito, Xi Jinping, in carica dal 2012 non sembra avere nessuna intenzione di ritirarsi. È quasi certo che Xi Jinping verrà confermato per un terzo mandato, contravvenendo però a tutte le pratiche messe in atto negli ultimi decenni che prevedevano un limite massimo di due.
La sua posizione non è però salda come in passato: tre anni di strategia “zero Covid” pesano sull’economia e sulla popolazione. La pandemia, ma anche la questione Ucraina o quella dell’unificazione di Taiwan saranno discussi dai membri del ventesimo Congresso che, guidati dallo stesso Xi Jinping, decideranno delle priorità politiche ed economiche della Repubblica popolare cinese.
Cosa aspettarsi da questo Congresso del quale si sa pochissimo? Quanto è salda la posizione di Xi Jinping nel PCC? Cosa significherebbe per la Cina – ma anche per le sue relazioni con l’Occidente – un terzo mandato di Xi Jinping? Possiamo aspettarci riforme e aperture, in senso democratico?
A Modem ne parliamo con:
Gabriele Battaglia, collaboratore RSI da Pechino
Jean-Philippe Béja, politologo e sinologo
Francesco Sisci, docente all’Università del Popolo della Cina a Pechino e alla Luiss di Roma
Scopri la serie