A due anni dall’ultima importante fiammata del conflitto, sono tornate a parlare le armi. Gli azeri, dopo un blocco durato mesi, con una guerra lampo hanno praticamente recuperato l’enclave armena creatasi al dissolversi dell’Unione Sovietica e ora c’è preoccupazione per quello che sarà il futuro degli abitanti della regione. Un conflitto durato dal 1992 al 1994 che aveva visto il governo di Baku perdere il controllo sul Nagorno Karabakh, abitato in prevalenza da armeni, e su altre regioni limitrofe a maggioranza azera. E se negli anni l’Azerbaijan si rafforzava e recuperava territori, l’Armenia puntava tutto sul sostengo di Mosca, che sul posto dispone di un contingente militare definito una forza di pace. Contingente che non è però intervenuto per difendere lo status quo. Una situazione quella nel Nagorno Karabakh che va al di la dello scontro locale. Le implicazioni si fanno sentire su tutto il Caucaso, dove si incrociano fra gli altri gli interessi di Russia, Turchia e Iran mentre pure gli Stati Uniti e l’Unione Europea – Francia in testa – sono alla ricerca di un proprio ruolo. Russia che, impegnata nel conflitto in Ucraina, è coinvolta in Georgia e Moldavia in altre situazioni simili che potrebbero sfuggirle di mano.
A Modem ne discutono:
Marilisa Lorusso, collaboratrice dell’Osservatorio Balcani Caucaso Transeuropa
Yurii Colombo, giornalista basato a Mosca
Luca Steinmann, giornalista rientrato da poco dall’Armenia
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