Taiwan non si tirerà indietro di fronte alle minacce aggressive della Cina. Lo ha ribadito oggi la presidente taiwanese Tsai Ing-wen rispondendo indirettamente alle intenzioni proferite negli scorsi giorni da Pechino. Al recente congresso del partito comunista cinese, il leader Xi Jinping ha infatti riaffermato la volontà di riprendersi l’isola anche con la forza se necessario. Pressioni che a Taipei vengono paragonate all’invasione della Russia in Ucraina e sulle quali si ragiona tenendo ben presente anche quanto è accaduto in questi anni a Hong Kong.

Pechino considera l'isola di 23 milioni di abitanti parte integrante del suo territorio, sebbene Taiwan abbia un proprio governo e un proprio esercito da sette decenni. Le tensioni intorno all'isola sono aumentate notevolmente tra Cina e Stati Uniti dopo la visita in agosto della presidente della Camera dei Rappresentanti, Nancy Pelosi. Pechino ha quindi organizzato le sue più grandi esercitazioni militari di sempre come ritorsione, tuttavia un intervento militare provocherebbe una reazione dell'Occidente, isolerebbe la Cina e porterebbe Pechino e Washington più vicini che mai a un confronto armato diretto.

Oltre alle imprevedibili perdite umane, un'eventuale invasione cinese di Taiwan interromperebbe anche le catene di approvvigionamento globali: l'isola è infatti il principale produttore mondiale di semiconduttori, componenti essenziali per tutta una serie di dispositivi elettronici ormai presenti ovunque. La rielezione di Xi Jinping per un terzo mandato alla guida della Cina cambierà il destino della democrazia insulare autogestita?

Ne discutiamo con:

• Lorenzo Lamperti, giornalista e corrispondente a Taipei per China Files

• Simona Grano, sinologa, Università di Zurigo

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