“L’America è molto più grande e sei molto più libero di fare ciò che sogni. In Svizzera non si può sognare così tanto…”. Con ironia aveva risposto così Robert Frank qualche anno fa ai colleghi di SRF. Per lui, zurighese di nascita, sbarcato negli Stati Uniti nel 1947, il sogno iniziò ad avverarsi nel 1958 quando pubblicò The Americans, l’opera che ha cambiato il modo di concepire la fotografia.
Parade - Hoboken, New Jersey, 1955
Erano gli Anni Cinquanta. Grazie a una borsa Frank attraversò il Paese, scattò ventiquattromila istantanee, poi ne scelse ottantatre per farne un libro che già dal titolo suona come definitivo. Gli americani. Quei ritratti in bianco-e-nero dapprima disturbano, aspri, densi, quasi sgranati, fuori dal comune, ma rivelano volti che fino allora non facevano notizia, annoiati o disincantati, lontanissimi dalle vetrine del sogno americano.
La sequenza “From the Bus”, New York 1958
Per il centenario della nascita, a 5 anni dalla morte e 65 anni dopo quell’opera che cambiò sguardi e fotografia, il MoMa, il museo di arte moderna di New York, mostra cosa è accaduto dopo. La frequentazione della Beat Generation, l’amicizia con Jack Kerouac e Allen Ginsberg, il film della tournée dei Rolling Stones e la continua ricerca di Frank alla ricerca di nuove modalità espressive, non solo la Leica 35 mm ma pure la cinepresa, le polaroid, i video, i collage, la fotografia usata come di diario.
Alcuni disegni di June Leaf, in alto a sinistra “Life Dances on”
La mostra si intitola Life Dances On, “La vita continua a ballare”, si ispira a un suo film e a un disegno della moglie June Leaf, al desiderio di cogliere ogni movimento della vita e - come spiega la curatrice Lucy Gallun al Telegiornale RSI - “il suo amico Allen Ginsberg era solito citarlo quando [Robert Frank] spiegava che “la vita continua a danzare, ma a volte con le stampelle”. C’è tanta bellezza nella vita, la troviamo nel dialogo e nella conversazione con le altre persone vicine e con le cose importanti che ci circondano, i luoghi in cui viviamo. Ma ci sono anche momenti non facili, di lotta e di trauma”.
L'esposizione al MoMa di New York
Negli anni, il suo viaggiare diventa interiore. Lascia New York e si trasferisce in Nova Scotia, in Canada. L’obiettivo si concentra su quotidianità e natura, uno scavare sempre più doloroso nell’autobiografia dopo la morte dei due figli: Andrea vittima di un incidente aereo e Pablo malato di schizofrenia.
Il toccante omaggio alla figlia, “Penso ad Andrea ogni giorno” sul collage
La mostra newyorkese mostra gli ultimi scatti di Robert Frank, le ultime fotografie stampate nel 2005, quando la sua macchina fotografica si sofferma su oggetti, minuzie, piccoli dettagli rubati al tran tran quotidiano, souvenir digitali in una sorta di incessante diario.
L’ultima foto stampata da Robert Frank “Walking, walking”, nel 2005
Come lo sono i video8 che occupano un’intera ala del MoMa con la sua voce in sottofondo. Testimonianza di una costante ricerca che riempie anche di tenerezza, quando – per il passare degli anni e l’accumularsi dei drammi – la danza della vita di più lenta.