
Oggi, la storia 19.02.15
Oggi, la storia 19.02.2015, 07:05
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Il 17 febbraio dell’anno 1600 moriva Giordano Bruno, bruciato a Roma, in Campo dei Fiori, per eresia.
L’eresia di Bruno, più che di dispute teologiche era figlia di una straordinaria libertà di pensiero. Perché era la filosofia, piuttosto che la teologia, a interessare Bruno: il suo interlocutore era soprattutto l’aristotelismo, tanto negli aspetti culturali, che si esprimevano nelle varie auctoritates del tempo, quanto nei fondamenti concettuali, messi in discussione dal diffondersi dell’ipotesi copernicana. La sua straordinaria libertà di pensiero, peraltro, lo spinse anche oltre la cosmologia copernicana, a pensare un universo infinito, che infrangeva il retaggio culturale, psicologico e simbolico, della sfera delle stelle fisse, concetto che gli appariva del tutto inutile per la nuova cosmologia.
Le intuizioni di Giordano Bruno, e il suo ragionare coraggioso attorno all’idea di un mondo infinito, unitario e animato, gli fecero compiere il passo che Copernico non fece; ma pensare l’infinito come realtà fisica apriva ad una nuova visione del mondo, a cominciare dal posto dell’uomo nella natura, e dal significato stesso dentro cui concepire l’idea di natura, della fysis, la vita, nell’intreccio di anima e corpo, o detto in altri termini, di forma e materia.
Bruno testimonia di un’apertura della mente al possibile, possibile proprio perché pensabile, e proprio perché pensato, anche vero, o perlomeno verosimile.
Mi basta la ragione! Questo il messaggio che sembra nutrire la forza con cui difese fino all’ultimo il proprio diritto a pensare liberamente. Ma la ragione non bastò a sottrarlo al rogo e forse anche per questo motivo Galileo, dell’ipotesi copernicana, andò a cercare le prove, puntando il suo cannocchiale in cielo.
In un’epoca come la nostra, appiattita sul potere di dati di fatto che ci invitano a prendere atto di un mondo che c’è, e che in questo mondo dato ci invitano a funzionare bene, scegliendo razionalmente i mezzi migliori per riuscirci, questo rogo che inaugura il secolo della rivoluzione scientifica, ci ricorda alcune cose interessanti. Ci ricorda che la ragione, oggi spesso prigioniera di una razionalità calcolatrice, è anche la sorgente delle nostre rappresentazioni del mondo, non solo nel senso che i fatti sono tali, per noi, solo dentro teorie in grado di leggerli e interpretarli, ma soprattutto nel senso che le nostre teorie scientifiche, prima di essere tali, sono spesso idee rischiose di uomini liberi, capaci di immaginare mondi-altri.