Tra dichiarazioni, motivazioni e scelte che non convincono

Stonano le dichiarazioni post Svizzera-Danimarca rilasciate nei corridoi del Kybunpark di San Gallo. Da una parte c’è Murat Yakin, che sottolinea la reazione della squadra dopo tre sconfitte e ne evidenzia la riscoperta del potenziale. Dall’altra, invece, c’è Pier Tami, che difende la buona volontà del gruppo senza troppo celare le difficoltà incontrate. Per fortuna, perlomeno, ecco qualcuno che non si nasconde dietro ad un dito. Perché in fondo la classifica è lì nero su bianco e recita Spagna 10, Danimarca 7, Serbia 4 e Svizzera 1. Una delusione, fin qui.

La sensazione è che i problemi che attanagliano questa Nazionale siano tanti, troppi. E che, contrariamente a quanto sottolineato dallo stesso Tami oggi come a settembre, vadano ben oltre il minutaggio, la fiducia e più in generale lo stato di forma che stanno attraversando i vari giocatori. Non si spiegherebbero, altrimenti, le controprestazioni di Elvedi e Embolo, tra i più impiegati nei rispettivi club ma in evidente affanno come a settembre così a ottobre. Non si spiegherebbero neppure le partite anonime di coloro che dovrebbero essere i trascinatori - Akanji e Xhaka - mai in grado di indicare la via, nemmeno in circostanze in cui dovrebbe risvegliarsi l’orgoglio.

E allora, al netto di alcune scelte tra i (non) convocati che fanno più che discutere - i nomi sono quelli degli “italiani” Okafor e Sohm - l’ipotesi che sta sempre più prendendo piede è quella che si siano sottovalutate le partenze di Sommer, Schär e Shaqiri. Per motivi tecnici, certo, ma anche e soprattutto in termini di leadership e dinamiche all’interno del gruppo. Intendiamoci, la situazione attuale non può essere solo una conseguenza dei loro addii, ma questa Svizzera - sarà un caso - non trasmette più la serenità e la sicurezza dei loro tempi. Interessante, allora, sarebbe conoscere il loro pensiero. Anche se difficilmente sarà lo stesso di Yakin.