Cinquant'anni fa di questi tempi, Karel Blazek si sentiva già un ticinese, pochi giorni dopo aver abbandonato i suoi compagni del Tatra Poprivnice e avere chiesto asilo politico in Svizzera: "Mi sono sentito subito a casa. Come me c'erano una trentina di cechi che avevano trovato rifugio nel Cantone e che si incontravano, ma li ho frequentati pochissimo. Ho subito voluto inserirmi con la gente del luogo".
E così dopo la fuga attuata il 29 dicembre 1969 al termine della Coppa Pedrolini, grazie all'aiuto del cronometrista e speaker della Resega con il quale si era accordato frequentando la panchina dei penalizzati, il 24enne era stato ingaggiato dal Lugano, con il quale aveva ottenuto la prima storica promozione in LNA: "Mentre tutti erano disattenti durante l'aperitivo all'Albergo Arizona, sono tornato in camera, ho preso il mio mantello e una piccola borsa con i pattini e sono sceso nel garage dove c'era Mariangelo Regazzoni ad aspettarmi. A quei tempi nessuno poteva uscire dalla Cechia tranne i gruppi sportivi. Aspettando la mia possibilità ho studiato l'inglese per essere pronto al momento opportuno".
Scoprire il mondo, la libertà, senza censura, la vera vita. Mio padre mi faceva ascoltare la radio Europa Libera a volume bassissimo per evitare di farsi scoprire
Karel Blazek
Pur facendo ritorno in Patria 18 anni più tardi in visita, Blazek non ha più lasciato Lugano, lavorando dopo la fine della sua carriera come formatore in diversi club del cantone fino a poco tempo fa: "Non ero mai stufo fino all'ultimo giorno. La mia passione è sempre stata quella di dare la base, la disciplina, a questi giovani. Oggi incontro ragazzi di allora che sono uomini di 60 anni con i quali ho mantenuto cordiali rapporti che mi accarezzano l'anima.
Ero durissimo come allenatore, ma poi loro ne hanno approfittato anche nella vita
Karel Blazek