Cultura

Sconfiggere il proprio drago

L’importanza dell’avventura eroica nel superamento delle nostre paure

  • 7 gennaio, 13:08
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Di: Tommaso Giacopini 

Una delle prerogative dell’essere umano è la capacità di continuamente crescere e migliorarsi. Desideriamo infatti essere di più, fare meglio, raggiungere obiettivi più alti, conquistare cime più impervie e minacciose, superare e superarci. Questa propensione alla crescita è così intrinseca nel nostro organismo che non sarebbe del tutto sbagliato affermare che a seguito di migliaia di anni di evoluzione si è impressa nel nostro organismo. Il nostro cervello possiede meccanismi specifici che ci permettono di affrontare e superare sfide.

La soglia della resistenza

Eppure ogni giorno, ognuno di noi, che sia alle prese con un atto creativo, con le stoviglie sporche da lavare, con un allenamento sportivo, con una dieta da seguire,... ecco che ci troviamo costretti a superare la soglia del non volerlo fare. Ci troviamo dunque ad osservare a lungo la pagina bianca di un articolo da scrivere, ci stendiamo sul divano a guardare la televisione mentre si accumulano i piatti sporchi nel lavandino, posponiamo più e più volte quell’allenamento sportivo, ci diciamo che la dieta possiamo iniziarla dopo Natale, tanto ora non avrebbe comunque senso...

Ma cos’è quella cosa che ci frena, quando sappiamo benissimo che ci sentiremo meglio una volta superato l’ostacolo?

Il ruolo delle neuroscienza nella motivazione

Recenti scoperte in ambito scientifico affermano di aver collocato la parte del cervello correlata alla motivazione. Si tratta di una regione chiamata “corteccia cingolata media anteriore”. Il cervello, come è ben risaputo, ha la particolarità di adattarsi e modificarsi in risposta alle esperienze, grazie alla neuroplasticità. Questo principio permette alla corteccia cingolata media anteriore di rafforzarsi ogni volta che superiamo i nostri limiti, affrontando un compito impegnativo, che sia cognitivo, fisico o emotivo. Ciò che è forse ancora più interessante è che questa regione non è di fatto stimolata dal superamento del conflitto in sé, ma semplicemente dall’affrontarlo. Il fallimento, lo stress e il dolore che ne derivano attivano la corteccia cingolata media anteriore, aumentando la nostra capacità di resilienza la prossima volta in cui saremo confrontati a qualcosa di difficile.

Naturalmente, se è vero che affrontare i nostri limiti stimola e fa crescere questa regione, è anche vero il contrario, e cioè che evitare di affrontarli indebolisce quest’area, rendendoci meno preparati per le sfide future.

Ecco dunque che la scienza ci conferma ciò che in fondo già sappiamo da tempo e fa parte dell’inconscio collettivo, e cioè che uscire dalla nostra zona di comfort, dedicarci a compiti che inizialmente sembravano inavvicinabili, ci fa crescere non solo sul piano emotivo, ma anche su quello cognitivo.

Il mito dell’eroe: una guida millenaria alla crescita

Da sempre letterati, antropologi e filosofi si confrontano al tema della crescita e della trasformazione. Uno di questi, Joseph Campbell (1904 - 1987), antropologo e saggista statunitense ha elaborato nel suo celebre libro L’eroe dai mille volti (1949) uno schema creato a partire dall’osservazione di miti e leggende, identificando tre atti fondamentali nella trasformazione di colui che ha il coraggio di sfidare il proprio destino, a loro volta suddivisi in diciassette tappe.

Non è il compito di quest’articolo quello di elencare tutte e diciassette le tappe. Ma ciò che è interessante notare è l’arco generale del superamento delle sfide secondo Campbell.

In una fase iniziale l’eroe, fino a quel momento vissuto placidamente nel mondo ordinario, riceve la chiamata all’avventura. Ad essa risponde inizialmente con timore e riluttanza, esattamente come fa ognuno di noi, chi più chi meno, quando presentati a una situazione sconosciuta. Nella fase seguente c’è l’incontro con un mentore, un compagno, un amicizia o un amore che spinge l’eroe a essere di più di ciò che è stato fino ad oggi e così parte per l’avventura. In seguito incontrerà sfide iniziali che gli permetteranno di acquisire le capacità necessarie ad affrontare quella che sarà l’ordalia (la prova centrale). Una cosa importante da notare è che l’eroe immancabilmente fallirà in alcune di queste prove iniziali. E in seguito al fallimento vorrà ritrarsi, fuggire, abbandonare l’impresa, dubiterà delle sue capacità. Tuttavia saranno proprio questi fallimenti iniziali a formare il cuore impavido dell’eroe, a renderlo, appunto, l’eroe che sarà.

Le fasi successive, che vedono l’eroe impegnato in fiera battaglia e poi eventualmente lo vedono vincitore, sono meno importanti per quello che riguarda il contenuto di questo articolo, ma ciò su cui voglio portare l’attenzione è proprio il fatto che l’eroe deve per forza superare ostacoli e superarsi lui stesso, vincendo, prima ancora degli ostacoli esterni, le sue proprie difficoltà ad agire. E solo una volta che avrà vinto sé stesso potrà affrontare il drago, reale o in senso figurato, e finalmente trionfare.

Il drago: metafora delle nostre paure

La letteratura è da sempre piena di esempi di questo tipo, non tanto perché gli autori si copiano a vicenda, quanto perché è una delle storie più antiche dell’uomo. Il drago sopracitato è chiaramente una metafora delle nostre paure, quelle barriere interiori che dobbiamo avere il coraggio di guardare in faccia, solo così potremo crescere e realizzarci.

La scienza e il mito: due linguaggi diversi per la stessa realtà

Torniamo a pensare a quanto descrivevo in principio, dal punto di vista neuroscientifico, cioè che il processo di apprendimento e sviluppo avviene, che lo si voglia o no, soprattutto attraverso la fatica, il dolore e talvolta persino attraverso il pianto. Tutte queste emozioni forti stimolano il sistema limbico e in particolare l’amigdala, che gioca un ruolo cruciale nell’elaborazione delle emozioni e nella memoria (il sistema limbico e l’amigdala sono altre regioni del cervello). E qui torniamo alle neuroscienze, che confermano ciò che il mito insegna da millenni, ma che oggi possiamo comprendere con un linguaggio più vicino alla nostra visione del mondo. E soprattutto giustifica quelle difficoltà che sentiamo in noi e che, come si tende a fare, giudichiamo come aspetti negativi. Sapere tuttavia che queste difficoltà sono il risultato di un cervello straordinario frutto dell’evoluzione di migliaia di anni ci rassicura nel fatto che siamo tutti, in quanto esseri umani, uguali davanti alla pigrizia. Quella pigrizia che a volte sembra pesare come la volta celeste che Atlante sorregge sulle spalle (per citare un altro mito), ma di cui conosciamo la soluzione. 

Perché il rimedio al non fare è semplicemente, banalmente, insopportabilmente, il fare. E quel fare diventa meno gravoso quando comprendiamo che, proprio affrontando le difficoltà, possiamo crescere e realizzarci. 

Una vita avventurosa

Una vita piena è dunque una vita vissuta fuori dalla soglia di ciò che conosciamo e a cui siamo abituati, una vita avventurosa. Persino la nostra teologia cristiana colloca l’accidia tra i sette vizi capitali, proprio perché l’apatia verso la propria condizione, l’indifferenza

verso i compiti morali e spirituali, verso la propria espressione, non può che portare a una vita di sofferenze.

E qui chiuderei il cerchio, citando il celebre psicologo canadese Jordan Peterson, che afferma che “abbiamo bisogno di un senso nella vita per affrontare la sofferenza, e il luogo in cui trovare quel senso è la responsabilità, prima di tutto verso noi stessi”.

Nessuno di noi vuole arrivare al termine della sua vita con il terribile rimorso di non avere dato il proprio meglio, e quel meglio parte dalle piccole cose, dalle sfide di ogni giorno, per riallacciarmi all’inizio, dal cominciare a riempire quella pagina bianca, dal lavare i piatti sporchi nel lavandino, nell’andare a fare quell’allenamento sportivo, dal cominciare quella dieta,... per poter poi un giorno affrontare il drago che incontreremo sul nostro personale cammino. Quel drago che rappresenta tutto ciò che ci spaventa e ci trattiene. Ma affrontarlo è ciò che ci permette di crescere, non solo nel cervello ma anche nel cuore. Ogni passo fuori dalla zona di comfort è un passo verso la versione migliore di noi stessi, verso una vita ricca di significato e profondità. Dopotutto, non è forse vero che tutti i tesori più preziosi sono custoditi da un drago?

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