L’analisi

Quei grandi vecchi davanti alla salma del Papa

Ruini e Bertone per primi attendono Francesco nella basilica vaticana - La Chiesa europea alla finestra, in attesa del conclave - Le sfide del vecchio continente davanti al nuovo che avanza

  • 2 ore fa
  • 28 minuti fa
656937665_highres.jpg

I cardinali Tarcisio Bertone e Camillo Ruini attendono l'arrivo della salma del Papa nella basilica vaticana

  • Keystone
Di: Paolo Rodari, da Roma

Erano lì, seduti in prima fila, arrivati di buon mattino.

Tarcisio Bertone e Camillo Ruini, i due “grandi vecchi”, erano dentro la basilica vaticana diversi minuti prima che la salma di Francesco venisse traslata da Casa Santa Marta per l’omaggio dei fedeli. Erano lì anche per dire: noi ci siamo. Non solo ora, nel momento dell’ultimo saluto, ma ci saremo anche nei giorni successivi, quando si entrerà nel vivo del confronto sul nome del nuovo vescovo di Roma. Perché questa è la realtà: in un conclave planetario, nel quale la maggior parte dei porporati non si conoscono fra di loro, due personalità ultraottantenni già fuori dai giochi come le loro avranno un peso nella scelta.

Sia Ruini sia Bertone uscirono, a loro modo, sconfitti dal passato conclave. Ruini spingeva per Scola. Bertone preferiva invece un outsider, ma probabilmente non immaginava che Bergoglio avrebbe sparigliato le carte in modo così dirompente, come è effettivamente avvenuto. Arrivato al soglio di Pietro, Francesco ha gradualmente messo da parte la vecchia “governance”, puntando su un ricambio che ha preso forma anno dopo anno. Oggi sono loro, Bertone e Ruini, a rappresentare la volontà del mondo curiale italiano ed europeo di tornare al centro dei giochi.

I nomi su cui possono puntare sono diversi. Tutti sembrano poter garantire un pontificato di transizione, dopo i ruggenti dodici anni del Papa sudamericano. Non c’è solo il segretario di Stato Pietro Parolin, ma anche Matteo Maria Zuppi, l’arcivescovo di Bologna. Quindi Pierbattista Pizzaballa, il patriarca latino di Gerusalemme; e ancora Jean-Marc Aveline, arcivescovo di Marsiglia, oppure lo svedese (ma nato in Ticino) Anders Arborelius, il portoghese José Tolentino de Mendonça, prefetto del Dicastero per la Cultura e l’Educazione, l’ungherese Péter Erdo, l’olandese Willem Jacobus Eijk.

Francesco è stato il primo Papa proveniente dal continente americano e il primo non europeo dopo oltre 1’200 anni. D’improvviso ha portato un’altra visione nel cuore del vecchio continente, facendo comprendere come, oltre i paletti sulla dottrina, esista un altro approccio, quello di una Chiesa che accoglie senza chiedere carte d’identità, che apre alle sofferenze del mondo senza sottolineare differenze geografiche e teologiche. Anche nei rapporti ecumenici e interreligiosi, Francesco ha messo da parte le divergenze teologiche per chiedere un lavoro comune sulla pace e sul sociale. Come a dire: siamo diversi, ma i campi per lavorare assieme esistono, quindi sfruttiamoli.

Nei suoi dodici anni, l’Europa ha dovuto subire il contraccolpo di questa nuova cristianità, portata al centro del continente storicamente cristiano, e ripensarsi. Oggi, trascorso un pontificato dirompente, può provare a tornare a dire la sua, favorendo un candidato che la sappia rappresentare senza tradire il novum bergogliano. Fra l’altro, è proprio in Europa che è viva questa Chiesa delle aperture. È la Chiesa di lingua tedesca, capace di parlare apertamente dell’abolizione del celibato ecclesiastico, delle donne prete e dell’importanza del femminile anche nei posti di comando; di una nuova morale sessuale, delle sfide del fine vita, dell’aborto e dei temi bioetici. Questa Europa, ecclesialmente, è sempre stata messa in un angolo, ultimamente anche dal tedesco a lei meno vicino, Joseph Ratzinger. Ora può provare a rialzare la testa.

Certo, i kingmakers non sono soltanto europei. Altri mondi bussano alle porte. Fra questi la Chiesa asiatica, che da tempo è un passo davanti a tutte le altre, almeno stando ai numeri. Il nome di punta per questa Chiesa è quello del filippino Luis Antonio Tagle, prefetto del Dicastero per l’Evangelizzazione dei popoli. Negli ultimi anni ha lavorato sodo, senza cercare le luci della ribalta, e questo potrebbe favorirlo. Il suo carisma che ricorda quello di Francesco. Potrebbe diventare il simbolo di una Chiesa missionaria e giovane.

Ma sullo sfondo ci sono anche altri. C’è Charles Bo (Myanmar), arcivescovo di Yangon, figura di primo piano in un’area geopoliticamente instabile. E poi la Chiesa africana, con Fridolin Ambongo Besungu (Repubblica Democratica del Congo), arcivescovo di Kinshasa, francescano, attivo sul fronte sociale e politico.

Non di sola Europa dunque parla l’imminente conclave, ma la tentazione di un papa europeo c’è, ed è agli atti.

43:35

SEIDISERA

SEIDISERA 23.04.2025, 18:00

23:54

Francesco, il papa degli ultimi

Alphaville 22.04.2025, 12:35

  • Keystone
  • Marco Pagani
02:17

L'omaggio della gente a Papa Francesco

Telegiornale 23.04.2025, 20:00

Correlati

Ti potrebbe interessare