Filosofia e Religioni

Qualcosa di molto diverso

Il nuovo Sant’Uffizio secondo Fernández

  • 11 luglio 2023, 10:38
  • 18 settembre 2023, 17:32
vaticano
Di: Paolo Rodari 

Una recente intervista rilasciata a Vatican News dall’arcivescovo Víctor Manuel Fernández, da settembre nuovo prefetto della Congregazione per la dottrina della fede e successivamente cardinale, esplicita bene il nuovo corso che Francesco vuole dare all’ex Sant’Uffizio. Vi sarà sì una vigilanza sulla dottrina, ma senza che ciò significhi mera condanna di ciò che non è conforme all’insegnamento della Chiesa. Piuttosto, a seguito degli scritti critici o semplicemente poco conformi alla dottrina, vi sarà una spinta affinché nella stessa Chiesa cresca una nuova comprensione di sé stessa e del proprio pensiero. Dice non a caso Fernández: “Anche una situazione in cui si deve affrontare una possibile eresia dovrebbe portare a un nuovo sviluppo teologico che maturi la nostra comprensione della dottrina, e questo è il modo migliore per custodire la fede”. E ancora: “Se il giansenismo, ad esempio, ha potuto persistere così a lungo, è stato perché ci sono state solo condanne, ma nessuna risposta a certe intenzioni legittime che potevano nascondersi dietro gli errori e nessuno sviluppo teologico adeguato nel tempo”.

Negli anni passati troppo spesso la tentazione di una difesa a oltranza di alcuni princìpi ha avuto il sopravvento sulla necessità di mostrare la bellezza e l’attrattiva della fede stessa. Troppe volte, in sostanza, la Chiesa in alcuni suoi esponenti ha tradito quel principio della gerarchia delle verità di “tommasiana” memoria (poi ripreso anche dal Concilio) per il quale occorre vi sia un adeguato equilibrio, una proporzione, fra gli accenti che si propongono nella predicazione: “Se un parroco – scrive Francesco in “Evangelii Gaudium” – durante un anno liturgico parla dieci volte sulla temperanza e solo due o tre volte sulla carità o sulla giustizia, si produce una sproporzione, per cui quelle che vengono oscurate sono precisamente quelle virtù che dovrebbero essere più presenti nella predicazione e nella catechesi. Lo stesso accade quando si parla più della legge che della grazia, più della Chiesa che di Gesù Cristo, più del Papa che della Parola di Dio”. Fu lo stesso Fernández nel 2014 in “Il progetto di Francesco” (Emi) a spiegare ancora meglio la centralità della gerarchia delle verità in questo pontificato: il Papa, disse come esempio, “non ha mai affermato che non bisogna parlare del vero matrimonio. Ha espresso fermamente che l’unione tra due persone dello stesso sesso non corrisponde all’ideale di matrimonio insito nel progetto di Dio. È stato molto categorico specialmente riguardo alla difesa della vita dal concepimento al suo termine naturale. Ma ci ha chiesto di non parlare ‘sempre’ e ‘soltanto’ di questi temi, appunto per non stancare le persone, producendo così un effetto negativo, perché questi temi non sono il ‘cuore’ del Vangelo, il quale invece sì, va annunciato costantemente e in modi diversi”.

vescovi

Se queste premesse saranno confermate, è una sottolineatura diversa che andrà ad affermarsi nei lavori dell’ex Sant’Uffizio, una spiritualità non più dualisitica, e dunque amica di Dio ma anche del mondo, quella spiritualità esposta bene da Vito Mancuso nella prefazione a “In principio era la gioia” di Matthew Fox, una spiritualità “della gioia quieta e della perfetta letizia vissuta da Ildegarda di Binger, Francesco d’Assisi, Tommaso d’Aquino, Meister Eckhart, Giuliana di Norwich, Matilde di Magdeburgo, Niccolò Chiusano, Pierre Teilhard de Chardin, Thoma Merton, Giovanni XXIII e altri”. Fox parlava dell’ex Sant’Uffizio come dell’Ufficio della Santa Inquisizione, nella quale teologi non allineati venivano messi ai margini senza alcuna autocritica. È probabilmente a questa stessa Inquisizione che si è riferito Francesco quando, nominando Fernández alla Dottrina della fede, ha ricordato come il dipartimento che andrà a presiedere “in altri tempi è arrivato ad usare metodi immorali”. E ancora: “Erano tempi in cui più che promuovere la conoscenza teologica si perseguitavano eventuali errori dottrinali. Quello che mi aspetto da te è senza dubbio qualcosa di molto diverso”.

Se teologicamente “qualcosa di molto diverso” implica una spiritualità positiva che parla di un cristianesimo che deve tornare a essere benedizione e non più, per dirla con Fox, “original sin”, peccato originale – “si tratta finalmente di capire che l’autentica via d’ingresso al cristianesimo non è il male, ma il bene, non è la maledizione, ma è la bene-dizione; non il dolore ma è la gioia”, scrive Mancuso – a livello pratico significa abbandonare quei metodi che hanno portato a stroncare carriere teologiche nel nome di una presunta non coerenza dottrinale. Bastano i nomi di Gustavo Gutierrez, Clodovis e Leonardo Boff, Hans Küng, José Maria Castillo, Jon Sobrino e Oscar Romero a ricordare quanto male sia stato capace di fare anche in tempi recenti l’ex Sant’Uffizio al pensiero più aperto ed evangelico della Chiesa. Ma è sufficiente anche ricordare la parabola dello stesso Fernández a far comprendere quanto la poca lungimiranza di alcuni teologi della Santa Sede abbia nociuto alla riflessione ecclesiale più recente.
Quando Bergoglio, allora arcivescovo di Buenos Aires, indicò Fernández come nuova guida della Università cattolica di Argentina vi fu a Roma – probabilmente anche in antagonismo al futuro Papa – una levata di scudi. La Congregazione per l’Educazione Cattolica redasse un dossier su Fernández che esprimeva preoccupazioni teologiche sul pensiero del teologo argentino. A motivo di questo dossier la Dottrina della fede ritardò di molto a dare il suo nihil obstat per la nomina. Fernández poi ottenne il suo nuovo incarico. Ma tanti altri teologi no. Non si tratta di metodi di secoli fa, ma del passato più recente. Qualcosa di oscuro che oggi il Papa s’impegna a espellere dalla prassi ecclesiale in via definitiva.

08:17

Vito Mancuso (1.a parte)  

RSI Cultura 05.11.2017, 20:40

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