Musica elettronica

La techno è più di un “tunz tunz”

Una mostra al Landesmuseum di Zurigo racconta il genere al di là della musica, fra moda, estetica e ballo

  • Ieri, 15:02
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Partecipanti alla Street Parade di Zurigo dello scorso anno

  • Keystone
Di: Andrea Rigazzi 

Se parliamo di techno, il punto sulla carta del mondo su cui far cadere il dito corrisponde alla città di Detroit. È lì che, negli anni Ottanta, un gruppo di pionieri inizia a sviluppare il genere. Tra questi, Juan Atkins, Kevin Saunderson, Jeff Mills e Derrick May. Tutti di origine afroamericana, tutti stuzzicati dall’idea di mescolare i ritmi dei Funkadelic di George Clinton alle composizioni per sintetizzatori dei tedeschi Kraftwerk, probabilmente le migliori interfacce fra noi e le macchine che la storia della musica possa annoverare. May visualizzava la techno come «Funkadelic e Kraftwerk bloccati in un ascensore con solo un sequencer a fargli compagnia». Più chiaro di così.

I quattro personaggi della Motor City elencati qualche riga più su li troviamo sotto svariate insegne: Model 500, Cybotron, Belleville Three, Underground Resistance. Alfieri di un’elettronica non direttamente debitrice della discomusic (eredità raccolta dalla house di Chicago) ma piuttosto rivolta a gruppi di ascoltatori più ristretti, pronti a esporsi alle pulsazioni futuristiche di questa musica, al suo ipnotico ripetersi.

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La techno in mostra al Landesmuseum di Zurigo

SEIDISERA 19.03.2025, 18:00

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Bisognerà attendere la fine degli anni Ottanta e l’approdo in Europa perché la techno guadagni una “s” per diventare fenomeno essoterico, da esoterico che era. Nella sua crescita in popolarità c’entra l’Inghilterra ma c’entra anche l’Europa centrale, soprattutto la Germania e in particolare Berlino, dove caduto il Muro si sviluppa una nutrita scena fatta di club, dove la techno si suona e si balla, inserita di recente nel patrimonio dell’Unesco.

Da quel momento via il genere inizierà a dividersi in vari rivoli, corrispondenti alle diverse interpretazioni dei suoi battiti insistenti: dai ritmi forsennati e ossessivi della hardcore (che troverà una patria nei Paesi Bassi, a Rotterdam) a quelli sincopati della jungle/drum’n’bass, fino alle atmosfere più liquide della ambient. Una lunga strada di filiazioni e ibridazioni che ancora non è terminata.

Entriamo così negli anni Novanta, decennio di svolta per il genere – a questo punto, i generi – in cui si diffondono i rave party, manifestazioni spesso clandestine organizzate in capannoni dismessi, eredità decadente di un passato industriale, boschi o altri luoghi discosti. È sempre in questo decennio che figure come Aphex Twin, Autechre e tutto il giro della Warp Records influenzano il rock (per informazioni chiedere a Thom Yorke e ai Radiohead di Kid A e Amnesiac) e il rock influenza la techno dando visibilità e fama a formazioni come Chemical Brothers e Prodigy, questi ultimi prime, autentiche superstar della techno grazie all’album The Fat of the Land (1997), trainato da singoli di successo quali Firestarter, Breathe e Smack My Bitch Up. Una musica che fin lì era rimasta slegata dal concetto di album e si era tenuta lontana dalla coltivazione dell’ego tipica delle rockstar trova così delle facce, dei “testimonial” riconoscibili.

La techno, come ogni sottocultura, è molto più di una pila di dischi, va oltre il “tunz tunz”, l’onomatopea che ne ricalca l’incedere martellante: è anche moda, estetica (design e grafica) e, ovviamente, ballo. Ha i suoi bei codici, insomma, che la mostra Techno, in corso al Landesmuseum di Zurigo fino al 17 agosto, vuole far conoscere anche a quella parte di pubblico digiuno di club, rave e dj set. Non a caso è stata allestita nella città della Street Parade, il più grande evento techno al mondo, che ogni estate inonda le strade zurighesi di variopinte e danzanti genti. L’anno scorso i partecipanti sono stati 920’000.

09:09

Techno! Al Landesmuseum

Alphaville 20.03.2025, 11:45

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  • Natascha Fioretti

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