Lo ‘Spazio Cielo’ del Museo delle Culture di Lugano (MUSEC) diventa durante sei mesi un luogo privilegiato per riflettere sul rapporto, intimo, che esiste tra l’essere umano e il suo ecosistema, di cui il clima è indubbiamente centrale. L’Uomo e il Clima, il semplice ed insieme efficace titolo della mostra visitabile sino al 18 maggio 2025 curata da Gianluca Bonetti e Nora Segreto, apre anche l’omonimo Festival diffuso la cui ragion d’essere risiede nella consapevolezza di quanto l’arte abbia ricoperto un ruolo essenziale nel mostrare l’evoluzione storica del nostro habitat, fatto di ecosistemi, di paesaggio e chiaramente anche di clima. In quest’ultimo ambito, la storia dell’essere umano, in effetti, è segnata da alcuni momenti salienti connessi al cambiamento climatico, in primis il periodo che segna l’ultima glaciazione avvenuta tra 110’000 e 11’700 anni fa, attraverso il quale fu possibile la maturazione cognitiva della nostra specie. È proprio in questo frangente, infatti, che l’uomo sapiens è stato spinto a fare esperienza della sua creatività, dando vita alle prime forme di rappresentazioni artistiche dedicate ad esempio alle specie che si diffondevano proprio a causa delle condizioni climatiche, come mammut, bisonti, cavalli, renne e leoni. Una fauna che ritroviamo in parte nelle statuette in avorio intagliato del Museo dell’Università di Tübingen, tra le quali spicca una preziosa raffigurazione di un grande felino risalente a oltre 40.000 anni fa, presentata per la prima volta nella sua integrità proprio nell’ambito di questa esposizione.
Una mostra che permette dunque di compiere un viaggio a ritroso nel tempo grazie all’esplorazione delle cinque sale situate all’ultimo piano di Villa Malpensata. Sono le stesse opere d’arte a fungere da guida, selezionate proprio per mostrare in modo concreto quale sia lo stretto rapporto che esiste tra il genere umano e gli ambienti naturali in cui vive, trasformati dai cambiamenti climatici.
Si comincia dal presente nella prima sala, nella quale riflettere sul riscaldamento globale, il cui effetto visibile è lo scioglimento dei ghiacciai; nella seconda sala, al contrario, si viene poi in contatto con l’avanzata dei ghiacci, dovuta al raffreddamento climatico che la Terra ha conosciuto durante la piccola era glaciale tra la metà del 1300 e la metà del 1800. In questo caso le opere prodotte degli artisti dell’epoca mostrano in modo esemplare il nuovo paesaggio, ridisegnato dal clima, in cui l’uomo si è trovato a vivere. Nella terza stanza espositiva, si esplora inoltre il dialogo creato tra opere appartenenti a epoche diverse, ma che sono state ispirate dallo stesso tema: il diluvio universale, reinterpretato in diverse forme artistiche a partire appunto dal racconto biblico nella Genesi. Nella penultima sala il viaggio a ritroso conduce quindi anche tra i manufatti, preziosissimi, realizzati a partire dall’ultima grande glaciazione, per arrivare infine anche nel quinto ed ultimo spazio, dove è stata installata una magnifica coppia di zanne di mammuth, risalente a 22 mila anni fa. Si tratta del simbolo dell’intero Festival, quale esempio massimo dell’estinzione; un monito visibile insomma dell’effimera potenza dell’essere umano nei confronti della natura e appunto del clima, con i quali davvero «non si scherza», come afferma il curatore Gianluca Bonetti.
L’Uomo e il clima
Cristina Savi, Turné 23.11.2024, 19:00