Storia

Gaza, una mostra tra memoria e resistenza

A Parigi si raccontano 5.000 anni di storia, in un viaggio tra le civiltà che hanno attraversato la Striscia. Tra reperti in esilio, archeologia e accenni al presente devastato

  • 17 aprile, 10:16
  • Oggi, 10:57
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  • © Institut du Monde Arabe
Di: Red. 

Gaza è un luogo martoriato da mesi di guerra. “Un campo di morte”, come lo ha recentemente definita il segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres. Parole durissime che risuonano con forza in un contesto dove il bilancio umano ha superato le 50.000 vittime e la distruzione rischia di cancellare non solo le vite, ma anche la memoria di un popolo e di una terra dalla storia millenaria.

Un presente che si consuma sotto le bombe, in una “Gaza dimenticata”: quella delle strade, della vita quotidiana, della cultura che resiste oltre i muri e le bombe.

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La storia millenaria di Gaza

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  • Cristina Artoni

E oltre ad un’identità profonda spesso ignorata, c’è poi anche un patrimonio culturale che rischia l’oblio. È in questo contesto che nasce Tesori salvati di Gaza, la mostra archeologica (inaugurata lo scorso 3 aprile e visitabile sino al 2 novembre 2025) all’Institut du Monde Arabe di Parigi, organizzata dallo stesso Istituto in collaborazione con il Ministero del Turismo e delle Antichità della Palestina e il Museo d’Arte e di Storia di Ginevra.

L’iniziativa nasce dalla volontà del presidente dell’Istituto, Jack Lang – figura di riferimento della cultura francese ed ex ministro sotto François Mitterrand (presidente della Repubblica francese dal 1981-1995) – che ha visitato Gaza nell’estate del 2023. In quell’occasione, Lang aveva già dichiarato l’intenzione di portare Gaza sotto i riflettori per raccontare una storia lunga cinquemila anni. Gaza non è infatti un’astrazione, al contrario: è un territorio reale, attraversato da civiltà diverse - da quella romana, a quella cristiana, da quella musulmana a quella ottomana - che hanno dato vita ad un crocevia nel Mediterraneo, pur rimanendo in relazione costante con l’Arabia, un centro culturale e commerciale di grande vitalità.

Un patrimonio umano e culturale che, come rilevato nel 2024 dall’Unesco, è già stato profondamente compromesso: dei 350 monumenti elencati, infatti, solo 150 sono stati verificati e ben 94 risultano danneggiati, in alcuni casi gravemente; tra questi c’è il porto di Gaza di epoca greca, 12 siti religiosi, 61 edifici di interesse storico e/o artistico, 7 siti archeologici, 6 monumenti, 3 depositi di beni culturali mobili e 1 museo. L’esposizione diventa dunque uno spazio dedicato alla mappatura dei bombardamenti, condotta da diversi gruppi di ricerca, accompagnata da un censimento delle più recenti scoperte archeologiche a Gaza e da fotografie inedite della città agli inizi del XX secolo, provenienti dalla collezione della Scuola biblica e archeologica francese di Gerusalemme. La sezione affronta le questioni legate alla conservazione del patrimonio in tempo di guerra, in particolare a Gaza, dove oltre i due terzi del patrimonio edilizio è stato distrutto.

Elodie Bouffard, curatrice della mostra, ha così raccolto circa cento reperti provenienti da una collezione di oltre cinquecento pezzi conservati al porto franco di Ginevra, e custoditi dal Museo d’Arte e di Storia della città in accordo con l’Autorità Nazionale Palestinese. Alcuni oggetti erano giunti in Francia già nel 2000, altri provengono da collezioni private, con l’iniziale obiettivo di creare un museo a Gaza, sfumato tuttavia nel 2007 a causa del blocco israeliano e dei conflitti.

Tra i pezzi esposti, spicca una statuetta di dea con tamburello, emblema della mostra, rinvenuta nel sito di Tell es-Sakan – situato circa cinque chilometri a sud della città di Gaza, datato al 3500 a.C. – dove si trova la più antica capitale egizia conosciuta in Asia. Altri oggetti raccontano l’eredità cananea, l’influenza egizia e il dinamismo della zona come snodo commerciale. Dalla ceramica attica alle statue ellenistiche, dai manufatti romani ai templi dedicati a Zeus- Marnas, fino a un’Afrodite ritrovata nel 1998 da un pescatore palestinese: ogni reperto testimonia una stratificazione culturale straordinaria. E d’altro canto, questo progetto museale ha coinvolto anche uno studio di architetti e designer di Betlemme, che ha ideato un allestimento ispirato all’esilio e alla precarietà. I reperti sono presentati su carrelli, come in un magazzino, in uno stato di perenne mobilità, quale immagine forte di un patrimonio culturale in fuga e in cerca di salvezza.

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