Immaginiamo di prendere un gelato, passeggiare sul lungolago di Lugano fino al Parco Ciani e poi lì sederci su una panchina, e perché no, farci un selfie con dietro, come scenografia, l’imponente castello di Lugano. Ma come il castello di Lugano? Ebbene sì: forse ci sarebbe ancora oggi se nel 1517 gli Svizzeri non avessero deciso di distruggerlo.
Conosciamo i castelli di Bellinzona, di Mesocco e di Locarno. Ma anche Lugano ne aveva uno. Ed era pure abbastanza grande, secondo quanto stimano gli archeologi. Costruito nel 1478 dal duca di Milano Ludovico il Moro, il “Castello Maggiore” di Lugano si innalzava all’interno dell’attuale Parco Ciani, sul grande prato che dal cancello di Corso Elvezia si estende fino a Villa Ciani. Di forma rettangolare e con quattro torrioni, secondo i rilievi archeologici copriva una superficie di almeno 3.000 metri quadrati, con il lato più lungo di circa settanta metri.
I ritrovamenti archeologici degli anni Settanta mostrano le strutture murarie sotterranee ancora esistenti.
Costruito come a Venezia
I primi resti del castello – due tratti di muratura massiccia – vennero alla luce già nel 1918 durante la costruzione di una condotta fognaria. Poi, negli anni Settanta, con la costruzione del Palazzo dei Congressi, nuovi scavi confermarono l’esistenza della fortezza. Proprio dove oggi sorge il Palazzo dei Congressi, gli archeologi trovarono una grande torre circolare, con un diametro di 12 metri. Innalzata su pali infissi nel terreno fangoso, la torre era stata costruita con la stessa tecnica usata per edificare Venezia.
La torre circolare del castello di Lugano si trova ancora oggi sotto il Palazzo dei Congressi.
Un castello che racconta una grande storia
Nella sua breve storia, il castello di Lugano fu assediato due volte dai Confederati, nel 1501 e nel 1512-13. Del secondo assedio conosciamo molti dettagli grazie ai preziosi documenti in antico tedesco custoditi negli archivi di alcuni cantoni.
Qualche anno fa l’illustratore Simone Boni ha ricostruito secondo evidenze archeologiche il castello di Lugano durante il suo assedio.
Per sei lunghi mesi, dal 23 luglio del 1512 al 26 gennaio del 1513, le mura del castello furono teatro di uno scontro tra Svizzeri e Francesi che allora occupavano il Ducato di Milano. La cronaca di quei giorni è ricca di episodi che mescolano astuzia, coraggio e destino. Come la storia del medico luganese Nicolò Maria Laghi che fu attirato con l’inganno nel castello e costretto a curare i feriti francesi per l’intera durata dell’assedio. O ancora un epico inseguimento a cavallo: un assediato, mandato a chiedere rinforzi alla guarnigione francese di Locarno, fu inseguito a tutta velocità dagli Svizzeri e catturato a Taverne dopo un duello all’ultimo sangue. Gli trovarono un bigliettino in tasca, che invitava il capitano di Locarno ad accendere due fuochi sul Monte Tamaro se avesse potuto inviare aiuti, quattro in caso negativo. A Locarno il messaggio non arrivò mai, ma per sfiancare la resistenza gli Svizzeri accesero quattro falò.
Il mistero del dipinto
Ad aggiungere fascino alla vicenda del castello di Lugano c’è anche un antico dipinto conservato alla Pinacoteca di Brera di Milano: la Madonna dei garofani di Andrea Solario, pittore originario di Carona. Secondo una recente ipotesi, avanzata dall’archeologa Rossana Cardani Vergani dell’Ufficio dei beni culturali del Cantone Ticino, la scena oltre la finestra del dipinto potrebbe rappresentare il castello di Lugano. Osservando il paesaggio si potrebbero infatti riconoscere la foce del fiume Cassarate, l’ansa del lago, le colline che sovrastano Lugano, le mura e le torri del castello. Realtà o suggestione? Il mistero rimane.
La Madonna dei garofani conservata alla Pinacoteca di Brera potrebbe nascondere la rappresentazione del castello di Lugano.
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