L’iniziativa sulla giustizia, riuscita nel 2019 con più di 130’000 firme valide, è il secondo oggetto legato alle prossime votazioni federali. I promotori del testo denunciano il ruolo della politica nell’elezione dei giudici del Tribunale federale (TF) e puntano quindi a introdurre un sistema di sorteggio per la designazione dei magistrati dell’alta corte.
Iniziativa sulla giustizia: il video esplicativo diffuso dalla Cancelleria federale
Attualmente l’elezione dei giudici di Mon Repos è prerogativa dell’Assemblea federale. La commissione giudiziaria del Parlamento procede all’esame delle candidature e formula quindi proposte su cui le Camere, riunite in seduta congiunta, dovranno pronunciarsi. I giudici sono designati per un mandato di 6 anni che di norma viene rinnovato. I magistrati eletti, benché non siano vincolati per legge a farlo, sono soliti corrispondere una parte delle loro retribuzioni ai partiti di appartenenza. La soppressione di questa “tassa di mandato”, contestata dagli iniziativisti, è attualmente in discussione in Parlamento.
La procedura indicata dall’iniziativa prevede l’istituzione di una commissione peritale, composta da membri indipendenti da formazioni politiche e nominati dal Governo per un mandato non rinnovabile di 12 anni. Essa avrebbe la facoltà di esaminare l’idoneità dei candidati, per poi decidere le ammissioni ad un sorteggio. E la procedura, ai sensi del testo, dovrà essere elaborata in modo tale da assicurare nel TF un’equa rappresentatività delle lingue ufficiali. I giudici designati con il sorteggio potrebbero restare in carica fino a 5 anni dopo il raggiungimento dell’età di pensionamento. L’iniziativa prevede inoltre, nel caso di grave violazione dei doveri d’ufficio o di incapacità durevole a esercitare la funzione, la possibilità per l’Assemblea federale di rimuovere i giudici.
Gli argomenti degli iniziativisti
I promotori del testo ritengono che i giudici del TF siano attualmente emanazione dei partiti e denunciano quindi una violazione del principio, alla base dello stato di diritto, della separazione dei poteri fra politica e sistema giudiziario. La non affiliazione ad un partito, sostengono, determina l’impossibilità di accedere alla funzione di giudice anche per i candidati più qualificati.
Inoltre un’influenza sulla giustizia, affermano sempre gli iniziativisti, è esercitabile dai partiti anche con la minaccia di una mancata riconferma al momento della rielezione dei giudici, in programma ogni 6 anni. La soluzione proposta dall’iniziativa esclude invece rielezioni, si basa su un sorteggio qualificato e assicura l’indipendenza dei magistrati del TF.
Le ragioni del “no”
Per il Parlamento e il Consiglio federale, che avversano l’iniziativa, il sistema in vigore è invece collaudato e trasparente. Il Parlamento designa i giudici ma si assume anche la responsabilità politica della loro elezione. Per contro un sorteggio, oltre a minare la legittimazione democratica del TF, finirebbe per favorire i candidati più fortunati e non certo quelli più competenti.
Il metodo indicato dall’iniziativa potrebbe inoltre ingenerare rischi di squilibri nella rappresentanza, nell’ambito del TF, di orientamenti politici, valori, generi e provenienze regionali. Quanto poi ai timori legati all’indipendenza dei magistrati, che è sancita a livello costituzionale, si sottolinea che finora il Parlamento non ha mai respinto la rielezione di un giudice a causa di una sentenza.
RG 18.30 del 05.11.21 - L'intervista di Gian Paolo Driussi ad Alfio Russo, dottore in diritto e autore di una tesi sul sistema d'elezione dei giudici federali
RSI Info 08.11.2021, 16:57