Le magliette, i pantaloni, i calzini e l'intimo del futuro rischiano di finire la loro vita non in stracci, ma trasformati in composto come i resti di verdure e le bucce di patate. I primi capi d'abbigliamento biodegradabili sono comparsi sul mercato qualche tempo fa e sempre più produttori di tessuti si sono lanciati nella produzione. La loro presenza sul mercato è marginale, ma in continua crescita.
In Svizzera la prima a lanciarsi nel settore facendo da apripista è stata la produttrice di borse Freitag che ha sviluppato una linea di abbigliamento con tessuti di canape e lino. Altri hanno seguito. Tra di loro anche Calida che nella sua collezione (circa 400 capi) propone una maglietta biodegradabile in cellulosa che per passare dallo stato indossabile a quello utilizzabile in orti e giardini impiega 4-6 mesi.
Ma anche all'estero si parla sempre più di moda compostabile. Ci sono orologi fatti in carta. Un tessuto multifunzionale con alla base un lattice naturale che può anche essere usato per produrre capi personalizzati con una stampante 3D. Scarpe di tela eco con la suola in sughero. Occhiali dalla montatura fabbricata con i capelli. Vestiti da sposa creati a partire da funghi.
Ce n'è per tutti i gusti. Ma, come avvertono alla Calida, "sviluppare altri tessuti o accessori compostabili è un processo difficile, che richiede tempo. Molti elementi - addirittura - non esistono ancora". E poi, prima che possano diffondersi veramente, devono cambiare le mentalità degli acquirenti. Lo sostengono i produttori, ma anche i difensori della natura, felici che i settori tessili e della moda cerchino soluzioni più ecologiche.
Ma non basta. Perché, avverte Daniela Walker di Greepeace: "Nel settore del tessile, è importante che avvenga un cambiamento di mentalità. Bisogna produrre meno. La moda deve tornare ad avere un valore e la gente deve prendersi più cura/avere più rispetto dei propri vestiti".