Il marchio nutriscore, il sistema di etichettatura nato in Francia che classifica alimenti e bevande con delle lettere colorate che permettono di confrontare la qualità intrinseca di prodotti simili, sta prendendo piede anche in Svizzera. I cibi che lo riportano su base volontaria sono sempre più numerosi e molti consumatori ne apprezzano la facilità di lettura, simile a quella di un semaforo. "In pratica - spiega alla RSI il suo inventore, il professor Serge Hercberg - permette scientificamente di tradurre (e riassumere in una sola immagine) tutti quei dati nutrizionali riportati sui prodotti che non sempre risultano comprensibili al consumatore".
All'estrema sinistra c'è la A in campo verde che contraddistingue i prodotti equilibrati, ricchi di ingredienti sani e poveri di zuccheri, sale e acidi grassi saturi. All'estrema destra la E in campo rosso per evidenziare uno scarso valore nutrizionale. Quindi, dovendo acquistare per esempio dei biscotti, per la salute converrà scegliere quelli etichettati con la B piuttosto che quelli che riportano la D.
Le associazioni dei consumatori, rappresentate dall'Alleanza, chiedono che in Svizzera il nutriscore si generalizzato sugli imballaggi dei prodotti alimentari. I supermercati sono già orientati a una sempre maggiore diffusione della novità. Migros e Coop sono impegnate in progetti pilota, Aldi invece ha già diversi articoli etichettati col nutriscore e anche Lidl si sta muovendo.
Ma vi sono anche resistenze. Quelle principali vengono da talune industrie alimentari. Ma non tutte la pensano allo stesso modo.
Da un lato c'è per esempio Nestlé che ha fatto dell'etichetta un argomento di marketing. L'ha introdotta in Svizzera quasi un anno fa e la mette in luce per pubblicizzare i suoi primi cereali dal buon profilo nutrizionale. Dall'altro multinazionali come Unilever e Mondeléz che contestano la validità del nutriscore perché si riferisce al contenuto nutrizionale di 100 grammi o a 100 millilitri di prodotto, mentre, sostengono, si dovrebbe considerare il concetto di "porzione", dato che non si mangia un etto di cioccolato alla volta.
Un argomento, quella della porzione di prodotto, che secondo Serge Hercberg rischia di ritorcersi contro chi lo propone poiché, nota, "l'interesse di indicare con parametri universali i valori nutrizionali per una quantità costante sta proprio qui. Permettendo anche di paragonare prodotti simili... di aziende diverse".