Il concorso della Mostra di Venezia alla boa di metà festival: difficile non emozionarsi davanti alla potenza di El Clan dell’argentino Pablo Trapero, almeno quanto è arduo non sorridere o porsi delle domande guardando L’Hermine del francese Christian Vincent.
Il primo ricostruisce la storia dei rapimenti e degli omicidi compiuti da Arquimedes Puccio nell’Argentina degli anni ’80. Crimini ancora più raggelanti perché compiuti fra le mura di casa, con il tacito consenso degli altri familiari: i sequestrati venivano nascosti nella cantina di casa, la madre preparava i pasti, i figli maschi dovevano aiutare, le figlie femmine fingere di non sapere.
Un clan che inizia a scricchiolare quando la situazione politica cambia e Arquimedes perde la protezione che aveva per essere stato nei servizi segreti durante la dittatura. Trapero stesso ha spiegato come “Il clan Puccio non sarebbe esistito senza la dittatura militare, tanto è vero che ha usato gli stessi metodi”.
La storia è raccontata dal punto di vista del figlio più grande Alex (Peter Lanzani) con immagini forti ed espressive che non risparmiano nulla allo spettatore. Fino al gesto plateale compiuto prima del processo dal ragazzo, campione di rugby dei Pumas (la nazionale argentina).
Nella locandina di "El Clan" Arquìmedes Puccio si proclama innocente
Un tono deliziosamente lieve, ma non per questo superficiale, percorre invece il dibattimento penale di L’Hermine. Il giudice della corte d’assise del titolo è Fabrice Luchini, che si trova in tribunale per giudicare un ragazzo accusato di avere ucciso la figlia di sette mesi a calci. Scopre che fra la giuria popolare c’è la dottoressa (Sidse Babett Knudsen) che l'aveva curato dopo un’incidente stradale avvenuto anni prima e di cui è ancora perdutamente innamorato.
La loro storia personale, insieme a quella degli altri membri della giuria, si intreccia allo svolgimento del procedimento, dando all’uomo l’occasione di affrontare – con l’ironia che contraddistingue molti dei film interpretati dall’attore, tanto che in Francia alcuni parlano di un nuovo genere cinematografico: le commedie alla Luchini - importanti questioni morali, e di riprovare a buttarsi in quell’amore che non gli era stato concesso.
Francesca Felletti
Fabrice Luchini in L'Hermine