Era il 12 marzo 2001 quando i talebani, nel quadro di un giro di vite nei confronti di tutti gli elementi non islamici nella società afghana, distrussero le due statue dei Buddha di Bamiyan, considerate come idolatre. Gli estremisti, nella loro crociata, bandirono non solo ogni forma di raffigurazione (statue, sculture e dipinti), ma anche musica, sport e TV applicando così una rigorosa interpretazione della legge islamica.
Un’azione che diede origine a numerose proteste in Occidente, dove fino all’ultimo vi furono diversi tentativi per salvare questi monumenti: il Metropolitan di New York chiese il permesso di trasportarli negli USA, il Governo indiano si offrì di occuparsene, come pure quello pakistano, ma non ci fu nulla da fare.
L’estremismo islamico ha continuato anche in anni recenti a prendersela con patrimoni culturali del passato: il sedicente Stato islamico ha raso al suolo l’antica città di Palmira (Siria), distrutto buona parte di Nimrud (Iraq), come pure reperti presenti nel museo di Mosul (Iraq).
mrj