Tutto è interconnesso
Con dei malware realizzati ad hoc, dei programmi informatici maligni e infettivi, è possibile immaginare di fermare la quotidianità di intere città, di interi paesi. Detta così sembra la trama di un film di fantascienza distopica all Philip K. Dick. Invece è il punto di partenza di un documentario che non parla del futuro, ma del presente.
In principio era Stuxnet
O forse no. Perché di virus aggressivi gettati in rete per nuocere a qualcuno ce ne sono stati anche prima del 2009-2010: proprio allora però Stuxnet è quello che ha fatto da spartiacque. Ed è alla base nella ricostruzione dei fatti proposta in Zero Days, il film del newyorkese Alex Gibney che è in concorso alla Berlinale.
Altro che hacker, sono i governi
Il film di Gibney, già autore nel recente passato di documentari su Scientology e su Steve Jobs, racconta come gli USA e Israele abbiano generato e attivato un virus che serviva a mettere fuori uso le centrifughe nucleari per l'arricchimento dell'uranio in Iran.
La mappa computerizzata del sito nucleare di Natanz in Iran
Racconta poi di come questo virus, Stuxnet appunto, sia sfuggito di mano perché era nel frattempo finito in mille rivoli della rete globale. Racconta dunque di come un codice altamente dannoso sia potenzialmente finito nelle mani di chiunque avesse il knowhow e la voglia di impossessarsene e riutilizzarlo.
L'intervista a Alex Gibney (vo)
Gli eserciti della guerra cibernetica
La pentola che viene scoperchiata rivela settori specifici, nelle forze armate dei principali stati, deputati al concepimento e all'utilizio di armi informatiche. Detta così sembra una questione meno cruenta rispetto ai conflitti fatti con mitragliatori, cannoni e missili. Ma il quadro che ne esce non promette bene.
Tutto fermo significa gente che muore
Gibney evidenzia come l'elettricità, l'acqua, i trasporti, le comunicazioni, i dati medici delle persone e mille altre cose siano ormai talmente legati a una rete, che farli "cadere" attraverso dei virus bloccherebbe tutto, con conseguenze che si misurerebbero in numero di vittime.
Un'altra immagine del codice in stile Matrix tratta da Zero Days
Gli Sherlock nella matrice
La parte più appassionante del film riguarda però il lavoro d'inchiesta per arrivare a informazioni che i servizi di intelligence non hanno nessun piacere a divulgare: troviamo sullo schermo il giornalista investigativo del New York Times David Sanger.
Il giornalista del New York Times David Sanger in una scena del film
Tra gli intervistati anche l'ex direttore di NSA e CIA
Ma ci sono anche i detective telematici
Specializzati in pirateria informatica, come pure le testimonianze mascherate e preziosissime di persone informate a vario titolo dei fatti. Compaiono in qualche caso sotto forma di immagine virtuale femminile, che alla fine si scopre essere un'attrice. Ma ciò che dice sono le parole esatte delle fonti.
Il personaggio virtuale creato da Gibney per proteggere le sue fonti
Il bene e il male
Il regista soppesa i pro e i contro di un progresso tecnologico costante, arrivando alla conclusione che sia urgente per gli essere umani trovare una forma di utilizzo morale di questi strumenti.
L'utilizzo morale degli strumenti tecnologici diventa una necessità
In concorso a Berlino?
C'è chi ha sollevato dubbi sull'opportunità di inserire un documentario di due ore dall'impianto fondamentalmente televisivo nella competizione del festival. Ma è facile immaginare che al momento di comporre il programma Kosslick si sia accorto, come gli autori prima di lui e gli spettatori dopo di lui, di essere di fronte a una materia dirompente. Che non può non far parlare.
MZ
Dal TG12.30:
Cyber guerra in scena a Berlino
Telegiornale 19.02.2016, 12:30
A Finestra aperta si parla del documentario sulle cyber-armi (Rete Due 18.2.16)
RSI Info 19.02.2016, 00:08
Marco Zucchi nell'RG sulle cyber-armi 18.2.16
RSI Info 18.02.2016, 23:56