Che cosa significano veramente le parole se viste al di fuori di un sistema codificato ma arbitrario, che cambia a seconda del luogo? E il tempo: è dato realmente da una successione di momenti e di fatti o è fruibile anche senza seguirne la cronologia? Sono le grandi domande che lascia in sospeso Arrival di Denis Villeneuve (autore di Prisoner e Sicario, ora impegnato nelle riprese di Blade Runner 2), che parte dalla fantascienza per indagare le contraddizioni dell’animo umano.
L’arrivo di dodici navicelle spaziali in vari punti della terra mette in crisi popolazioni e autorità. Gli americani si affidano alla consulenza della linguista interpretata da Amy Adams e di un matematico (Jeremy Renner) per riuscire a capire perché gli extraterrestri si trovano sulla terra, Le immagini di raffinatissime astronavi minimaliste fanno a pugni con l’aspetto di questi esseri venuti dallo spazio che hanno sette gambe e sono ricoperti da una sostanza gelatinosa.
E pure i (presunti) flashback dei ricordi della Adams spesso peccano scivolando nella retorica e nel melò. Per non parlare del ritratto delle dinamiche di un conflitto fra le potenze internazionali impegnate nella lotta ai nuovi arrivati che spesso cade nel ridicolo.
Ma su tutto affascina vedere il cervello e l’interazione – reciproca e con gli alieni – di questi due scienziati protagonisti. E le questioni, già citate, sulla convenzionalità del linguaggio e sulla convivenza di futuro presente e passato.
Anche se gli extraterrestri di Spielberg (E.T. e quelli di Incontri ravvicinati del terzo tipo) restano insuperabili.
Francesca Felletti
In Baobab si parla con gli alieni (Rete Tre, 1 settembre)
RSI Info 02.09.2016, 01:24
Amy Adams parla con gli alieni a Venezia
RSI Info 02.09.2016, 17:39