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La ricerca del diamante grezzo

Può nascondersi in percorsi alternativi

  • 3 settembre 2013, 10:04
  • 5 settembre 2023, 19:24
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Terri Gilliam, regista di "The Zero Theorem", film di fantascienza che non ha convinto

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Rientrare poco dopo mezzanotte in bicicletta lungo i canali minori del Lido fra ville inizio Novecento… una meraviglia il silenzio accompagnato da leggera pioggerellina.
Un distacco dal grande schermo che fa bene, non sempre è facile digerire quanto visto al cinema: padri depravati, uomini violenti, incesti, maltrattamenti, sfruttamento dei propri figli, storie ispirate a fatti realmente accaduti.

Anche il più giovane regista in concorso, il 24enne canadese Xavier Nolan, nonostante il titolo apparentemente bucolico del suo “Tom à la ferme”, non scherza prediligendo storie nere. A metà strada tra horror elegante e porno raffinato il suo film sembra fatto per compiacere a un pubblico “metrosexual”. Il protagonista, Tom, (un giovane pubblicitario interpretato da Xavier Nolan stesso) è di una bellezza davvero notevole: sguardo dolce, aria efeba e fragile, eleganza cittadina e fascino perverso.

Arriva in una campagna isolata dal mondo (nemmeno i telefonini e il GPS funzionano più) per partecipare al funerale del suo amante morto in un incidente. La loro relazione omosessuale era stata tenuta nascosta: la madre non sa, il fratello che sa non vuole accettare, la comunità odia la famiglia da sempre. Tom “faccia d’angelo maledetto” si lascia lentamente e irrazionalmente sedurre dall’animalità del luogo e sottomettere dalla “naturale” realtà rurale.

Purtroppo l’enfant prodige Xavier Nolan (a sedici anni diresse un corto intitolato “J’ai tué ma mère”) riesce a rendere intrigante e seducente la storia soltanto nella prima parte, con alcuni spiazzanti colpi di scena. Il finale invece è prevedibile e scontato.

Delusione per l’atteso “The Zero Theorem” del veterano Terri Gilliam. Nonostante la presenza del pluripremiato premio Oscar Christoph Waltz (per la prima volta nel ruolo di vero protagonista) e di star come Matt Damon e Tilda Swinton, il film di fantascienza futurista con corporazioni che dominano la terra da una parte e hacker esistenzialisti dall’altra, appare imbarazzantemente datato.
È da una sezione collaterale come quella della Settimana della critica che arriva una piacevole sorpresa: “Zoran”, opera prima di Matteo Oleotto. Frutto di una coproduzione tra Italia e Slovenia, il film, interpretato da Giuseppe Battiston e il “nostro” Teco Celio, è un piccolo e godibilissimo gioiello. Ambientato nella campagna vicino a Gorizia, tra semplici frequentatori di osteria il cui unico passatempo è quello di bere vino o cantare in un coro canzoni di montagna, Paolo il misantropo e il cinico vedrà sconvolta la propria vita dall’arrivo di un inaspettato nipote “scemo”.

Un piccolo film, magari anche imperfetto, che trasuda una grande quantità di entusiasmo e genuinità. Matteo Oleotto, goriziano, classe 1977, è capace di trasmettere in modo contagioso il suo piacere di fare cinema. Tutti insieme appassionatamente hanno avuto la simpatica idea di accogliere a “Casa Zoran” (una villa veneziana affittata al Lido per l’occasione) chiunque voglia sapere qualcosa di più sul loro film.

Tra un bicchiere di vino friulano e una partita di lancio di freccette (la specialità del nipote “scemo” del film) vengo a sapere da Teco che Celio che è imparentato con Carla Juri, ma che non la conosce. Due attori ticinesi, entrambi di origine leventinese, che non hanno mai lavorato insieme? Cercasi sceneggiatura…

Cristina Trezzini

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