Cultura e spettacoli

L'amore (audiovisivo) ai tempi di Netflix

Sfide e difficoltà della filmografia contemporanea

  • 8 agosto 2017, 16:29
  • 23 novembre, 04:42
Netflix
  • keystone

La polemica era iniziata in primavera, al Festival di Cannes, con l’ammissione al concorso di due produzioni Netflix (Okja e The Meyerowitz Stories). Categorico il presidente della giuria Pedro Almodovar – “Le piattaforme digitali in sé sono principio giusto e positivo ma sarebbe un paradosso se la Palma d’oro andasse a un film che non sarà distribuito nelle sale cinematografiche” – a cui segue la decisione da parte del festival di bandire, a partire dall’anno prossimo, i film non destinati alle sale.

A prescindere dai giudizi personali, la questione apre a una considerazione innegabile: piattaforme digitali come Netflix e Amazon hanno rivoluzionato il panorama della produzione e della distribuzione audiovisiva. E questa realtà non può assolutamente essere considerata solo come un fenomeno negativo, come una figlia degenerata della globalizzazione e dell’appiattimento/abbassamento dei contenuti, volta a schiacciare il cinema d’autore e la sperimentazione artistica.

Perché in verità questi giganti del web possiedono tali budget da essere in grado di produrre film e serie innovativi nei contenuti e dall’alta qualità formale. Si pensi a The Crown di Netflix, la più costosa serie mai realizzata sulla regina Elisabetta II (100 milioni di sterline solo per la prima stagione), o a The Handmaid’s Tale di Hulu, adattamento dell’omonimo romanzo-capolavoro di Margareth Atwood che indaga fra inquinamento globale, crisi umanitaria e radicalizzazione religiosa. O ancora 13 Reasons why di nuovo di Netflix, sul suicidio giovanile.

Una scena di 'What Happened to Monday?'

Una scena di 'What Happened to Monday?'

  • pardo.ch

Proprio settimana scorsa la giornalista
Mariarosa Mancuso, invitata come opinionista ai microfoni di Rete Due, osservava come il tema della transessualità fosse affrontata con un approccio avanguardistico e temerario più nella serie web-only
Transparent di Amazon, che nel film
Lola Pater di
Nadir Moknèche, proiettato in Piazza Grande durante il Locarno Festival (
qui per riascoltare la puntata). Di nuovo: il giudizio è personale, ma resta interessante.

Sempre tra i film del Locarno Festival: nella programmazione di Piazza Grande figura What Happened To Monday?, i cui diritti di diffusione sono stati comprati da Netflix, e nel Concorso internazionale The Big Sick, acquistato da Amazon.

Durante il festival, gli Industry Days e gli incontri di Connect to Reality sono stati un’occasione per riflettere e discutere sulle difficoltà odierne della cinematografia. In particolare Connect to Reality – una piattaforma per gli addetti ai lavori, ideata dai festival di Locarno, Zurigo e Ginevra – ha ragionato sulle possibili strategie per promuovere i film svizzeri. Fra gli elementi emersi: l’importanza dei festival come trampolino di lancio; la necessità di disporre di maggiore tempo e fondi, per garantire la qualità; il bisogno di ideare nuovi modi per avvicinare i più giovani al cinema.

Secondo Nadia Dresti, vice-Direttrice e a capo nell’Internazionale del Locarno Festival, fra le maggiori difficoltà c’è il ventaglio ormai sterminato dell’offerta. Qui sotto, proponiamo un suo punto della situazione, riguardo a tre aspetti fondamentali: produzione, distribuzione e storytelling.

Intervista a Nadia Dresti

BCAMP/MBON

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