La polemica era iniziata in primavera, al Festival di Cannes, con l’ammissione al concorso di due produzioni Netflix (Okja e The Meyerowitz Stories). Categorico il presidente della giuria Pedro Almodovar – “Le piattaforme digitali in sé sono principio giusto e positivo ma sarebbe un paradosso se la Palma d’oro andasse a un film che non sarà distribuito nelle sale cinematografiche” – a cui segue la decisione da parte del festival di bandire, a partire dall’anno prossimo, i film non destinati alle sale.
A prescindere dai giudizi personali, la questione apre a una considerazione innegabile: piattaforme digitali come Netflix e Amazon hanno rivoluzionato il panorama della produzione e della distribuzione audiovisiva. E questa realtà non può assolutamente essere considerata solo come un fenomeno negativo, come una figlia degenerata della globalizzazione e dell’appiattimento/abbassamento dei contenuti, volta a schiacciare il cinema d’autore e la sperimentazione artistica.
Perché in verità questi giganti del web possiedono tali budget da essere in grado di produrre film e serie innovativi nei contenuti e dall’alta qualità formale. Si pensi a The Crown di Netflix, la più costosa serie mai realizzata sulla regina Elisabetta II (100 milioni di sterline solo per la prima stagione), o a The Handmaid’s Tale di Hulu, adattamento dell’omonimo romanzo-capolavoro di Margareth Atwood che indaga fra inquinamento globale, crisi umanitaria e radicalizzazione religiosa. O ancora 13 Reasons why di nuovo di Netflix, sul suicidio giovanile.
Una scena di 'What Happened to Monday?'
Proprio settimana scorsa la giornalista
Mariarosa Mancuso, invitata come opinionista ai microfoni di Rete Due, osservava come il tema della transessualità fosse affrontata con un approccio avanguardistico e temerario più nella serie web-only
Transparent di Amazon, che nel film
Lola Pater di
Nadir Moknèche, proiettato in Piazza Grande durante il Locarno Festival (
qui per riascoltare la puntata). Di nuovo: il giudizio è personale, ma resta interessante.
Sempre tra i film del Locarno Festival: nella programmazione di Piazza Grande figura What Happened To Monday?, i cui diritti di diffusione sono stati comprati da Netflix, e nel Concorso internazionale The Big Sick, acquistato da Amazon.
Durante il festival, gli Industry Days e gli incontri di Connect to Reality sono stati un’occasione per riflettere e discutere sulle difficoltà odierne della cinematografia. In particolare Connect to Reality – una piattaforma per gli addetti ai lavori, ideata dai festival di Locarno, Zurigo e Ginevra – ha ragionato sulle possibili strategie per promuovere i film svizzeri. Fra gli elementi emersi: l’importanza dei festival come trampolino di lancio; la necessità di disporre di maggiore tempo e fondi, per garantire la qualità; il bisogno di ideare nuovi modi per avvicinare i più giovani al cinema.
Secondo Nadia Dresti, vice-Direttrice e a capo nell’Internazionale del Locarno Festival, fra le maggiori difficoltà c’è il ventaglio ormai sterminato dell’offerta. Qui sotto, proponiamo un suo punto della situazione, riguardo a tre aspetti fondamentali: produzione, distribuzione e storytelling.
Intervista a Nadia Dresti
BCAMP/MBON