DIARIO PUNTATA DUE
Caro diario, sai che qui alla 65esima Berlinale non ci sono solo i miei umili testi che cominciano così? Anche Nicole Kidman tiene un diario. Lo abbiamo scoperto nel film del venerato maestro Werner Herzog intitolato Regina del deserto. La plastica e sempre statuaria diva australe interpreta Gertrude Bell, pasionaria del colonialismo anglo-mediorientale di inizio '900. Dove arriva lei non cresce piu l'erba, non perché ci sia il deserto, ma perché tutti quelli che se ne innamorano finiscono malissimo. Porta sfortuna? Non sia mai detto.
L'inizio offre qualche spunto di malvagia ilarità, perché Nicole resta sempre una bellezza, ma l'anagrafe tende a dire 47 anni, mentre Herzog prova a proporcela nei panni della debuttante al ballo, ventenne o poco più. Dei partner di valzer sembra la mamma. Il film poi ce la mostra nel pieno del suo dinamismo, personaggio chiave nelle rivolte arabe della Prima Guerra, ben più - suggerisce beffardo il film - di quel Lawrence d'Arabia magnificato da Lean (e qui messo in ridicolo attraverso la scelta, incongrua, di dargli il volto del vampiro Pattinson).
In conclusione, cario diario, oggi alla Berlinale credo di aver visto il primo film bruttino di Herzog. Colore beige, o sabbia, come il deserto.
In compenso qui a Berlino sono beige pure i taxi. Quello iraniano sullo schermo, nell'omonimo film di Jafar Panahi, lo vediamo sempre solo dall'interno dell'abitacolo, ma pare più sul classico giallo. Il regime ha condannato Panahi prima alla reclusione e poi al silenzio artistico, ma il regista è ormai già al terzo film che esce dal paese (di nascosto, ma non troppo) dopo il famoso divieto di girare. Continua anche qui la sua opera di erosione arguta e pacifica, lavorando ai fianchi i suoi censori attraverso una serie di incontri e chiacchierate che lui stesso, con una faccia paciosa un po' da Romano Prodi, effettua improvvisandosi taxista. Fiction organizzata come una specie di documentario. Tra le domande buttate lì come materia di riflessione: se uno ruba perché ha bisogno va impiccato o forse un po' di misericordia non guasterebbe? E se per poter uscire in Iran un film deve mostrare solo protagonisti dai nomi islamici e senza cravatta, significa che nella vita uno con un nome persiano e la cravatta non è una brava persona?
Nell'attenzione che riceve conterà pur anche il ruolo emblematico di paladino della libertà d'espressione che ha assunto suo malgrado, ma intanto Panahi con un filmino realizzato piazzando delle telecamere su un taxi e andando in giro riesce persino a essere divertente. Naturalmente, l'unico modo per vederlo a Berlino è "rubare" un'immagine, come fa lui dal suo taxi.
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Ultima noterella, caro diario, per l'ineffabile Charlotte Rampling, sguardo di ghiaccio che uccide, labbra sottili che spaventano, fisico da quarantenne su un telaio settantenne, capace di tornare ancora una volta a fare sesso della terza età sullo schermo. Molto accennato e pudico, per la verità, mentre cerca di sviare i pensieri del marito coetaneo, con cui sta da 45 anni (titolo del film di Andrew Haigh), dalla donna che lui aveva 50 anni prima. Che è tornata in pista sotto forma di fantasma di ghiaccio, nel senso che era sparita nelle montagne svizzere nel 1962 e ora il corpo è tornato in superficie. Sembra uno spunto hitchcockiano, invece gettato nell'apatia e nei rumori d'ambiente della campagna inglese si smorza un bel po'.
mz
Dal TG20:
07.02.2015: Berlinale, "The Queen of the desert"
RSI Info 07.02.2015, 21:08