Il 65 è una cifra importante per la previdenza per la vecchiaia in Svizzera: è l’età pensionabile fissata all’introduzione dell’AVS nel 1948. Una soglia che non era mai stato proposto di alzare, ma il 3 marzo i cittadini dovranno pronunciarsi sull’iniziativa per portare l’età della pensione a 66 anni. Una misura necessaria per assicurare il finanziamento dell’AVS dopo il 2030, secondo i promotori, i Giovani liberali radicali, appoggiati da UDC, PLR e ambienti economici.
La proposta prevede di alzare progressivamente l’età pensionabile a 66 anni tra il 2028 e il 2033 e in seguito adattarla automaticamente all’aumento della speranza di vita media in Svizzera.
Il numero di persone che ricevono l’AVS aumenta effettivamente più rapidamente di quelle che contribuiscono. Inoltre, con l’aumento della speranza di vita, le rendite devono essere versate più a lungo. Secondo le previsioni dell’Ufficio federale delle assicurazioni sociali, l’AVS sarà così nelle cifre rosse a partire dal 2031.
Il Consiglio federale sta però già elaborando un progetto per stabilizzare l’AVS tra il 2030 e il 2040 ed è quindi contrario all’iniziativa. Contrari anche i partiti di centro e sinistra, così come i sindacati, secondo i quali il problema demografico della previdenza vecchiaia non può essere risolto solo alzando l’età di pensionamento.
Gli oppositori ritengono che sia possibile trovare le risorse necessarie senza allungare la vita lavorativa della popolazione, ricorrendo alle soluzioni di finanziamento alternative che già esistono.
Se l’AVS attualmente viene finanziata per circa tre quarti dai contributi di lavoratori e datori di lavoro, lo Stato si fa già carico di circa un quarto della spesa, grazie a parte dell’IVA, delle entrate dell’imposta su tabacco e alcool, oltre alla tassa sulle case da gioco.
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