Anche se gli ultimi guai sono quelli che alla fine tutti ricordano, sarebbe fuorviante circoscrivere alla sola attualità l’incubo in cui è sprofondata la seconda banca elvetica. Vero è che le ultime settimane sono state per Credit Suisse un vero e proprio calvario: a partire dallo scorso 23 settembre, un venerdì borsistico nerissimo per il titolo che è crollato a 4 franchi, i minimi di sempre.
Minimi che sono poi stati ritoccati in peggio nelle sedute successive, fino ai 3 franchi e 52 centesimi ad azione del 3 ottobre. Sono i giorni in cui la capitalizzazione di CS scende sotto i 10 miliardi, il che vuole anche dire per la capofila UBS valere ora cinque volte tanto la rivale di un tempo.
Tre anni durissimi per Credit Suisse
Una crisi di fiducia che Credit Suisse sta cercando di tamponare, rassicurando da un lato i grandi investitori e valutando dall’altro la cessione di alcune attività, soprattutto nel campo dell’investment banking. Sulla prevista cura dimagrante siamo però ancora al rincorrersi delle speculazioni, in attesa della data fatidica del prossimo 27 ottobre quando la direzione farà definitivamente chiarezza sulle strategie per restare a galla. Al netto anche delle prossime partenze eccellenti, come quella - rivelata oggi, martedì, da Bloomberg - del responsabile del comparto investment banking, Christian Meissner.
Il pedinamento e le dimissioni di Thiam
Ma i campanelli d’allarme di oggi, in realtà, iniziano a risuonare già nell’autunno del 2019 quando emerge che Credit Suisse ha fatto pedinare da un’agenzia investigativa il responsabile della gestione patrimoniale Iqbal Khan, poi passato ad UBS. La vicenda imbocca la strada del tribunale, dopo che Khan e la moglie presentano denuncia per minacce e coazione, salvo chiudersi nel luglio 2021 con un accordo tra le parti che evita l’imbarazzo di un processo.
L'ex CEO Tijane Thiam
Prima però, proprio a causa di questo scandalo, l’ex CEO di Credit Suisse, l’ivoriano Tijane Thiam, rassegna le dimissioni nel febbraio 2020, dopo un braccio di ferro con l’allora numero uno del CdA Urs Rohner. Ad aggravare l’impressione di una sfiducia diffusa all’interno dell’istituto, in seguito si scopre che la banca ha fatto seguire dagli investigatori anche l’allora responsabile del personale Peter Goerke.
La voragine aperta con Archegos
Se i pedinamenti hanno macchiato l’immagine della banca, sono stati alcuni clamorosi “affari sbagliati” a far sanguinare abbondantemente i bilanci di Credit Suisse. È la fine di marzo del 2021 quando il fondo speculativo statunitense Archegos Capital Management viene costretto dalle banche creditrici a liquidare miliardi di dollari.
È l’annus horribilis di Credit Suisse che nel fondo speculativo fondato dal finanziere Bill Hwang rimarrà pesantemente invischiato. Trascinato dal crollo in borsa della quotazione di ViacomCBS, Archegos è costretto a sbarazzarsi di volumi enormi (20 miliardi di dollari stando a Bloomberg, 40 secondo il Wall Street Journal). La perdita è pesantissima anche per la banca elvetica e viene stimata in 4,4 miliardi di franchi.
Il mese di marzo 2021 era iniziato con un anticipo di guai, seppur non paragonabile, per Credit Suisse costretta a liquidare quattro fondi gestiti insieme alla società anglo-australiana Greensill Capital, ormai insolvente.
La borsa presenta il conto
A testimonianza della gravità dei buchi la FINMA (l’autorità svizzera di vigilanza sui mercati finanziari) apre due procedimenti a carico della banca elvetica. Proprio in relazione alle ingenti perdite subite con il fondo Archegos, l’inchiesta punta ad appurare se c’è stata un’adeguata gestione dei rischi.
A causa del crollo dell’hedge fund Archegos e dei fondi gestiti con la fallita Greensill Capital, il 2021 della banca elvetica si chiude con un profondo rosso pari a 1,57 miliardi di franchi (contro un utile netto di 2,7 miliardi l’anno precedente). È il danno d’immagine che si perpetua, di bilancio in bilancio, visto che la banca nel giugno 2022, definito “anno di transizione”, è costretta ad annunciare tagli per 200 milioni nel breve e di 400 milioni nel medio termine.
Il presidente lusitano prende il volo
La ciliegina su una torta assolutamente indigesta la mette, lo scorso gennaio, il presidente di Credit Suisse, Antonio Horta-Osorio. Il portoghese si dimette per aver violato le regole Covid-19 sulla quarantena e nello specifico per aver assistito a Londra, nel luglio 2021, alle finali del torneo di tennis di Wimbledon.
La ciliegina del presidente Antonio Horta-Osorio
Norme anti-pandemia che pure aveva già infranto volando con il suo jet privato in Portogallo e poi perseverando, in ottobre, con una capatina a New York per partecipare a una riunione. Game-set-match, il presidente se ne va “dispiaciuto che alcune mie azioni personali abbiano creato difficoltà all’istituto”.
E siamo alle pendenze attuali, con l’annuncio della banca che pagherà 495 milioni di dollari per archiviare le richieste di risarcimento legate ai cosiddetti RMBS (residential mortgage-backed security). Sul piatto c’erano cause negli Stati Uniti per 10 miliardi concernenti i famigerati prestiti ipotecari subprime. La pendenza si chiude con un’intesa davanti al procuratore generale del New Jersey. Un accordo che Credit Suisse dice di essere “lieta di aver raggiunto”. Di questi tempi anche un guaio in meno va festeggiato come un successo.
L'analisi di Marzio Minoli, giornalista economico della RSI:
"Le vicissitudini di Credit Suisse hanno un denominatore comune: gestione allegra. Gestione dei rischi. Nei casi Archegos e Greensill con più oculatezza si sarebbero potuti limitare i danni. La gestione dell’immagine. Il pedinamento di Khan ha tanto il sapore della goffaggine ed è costata il posto a Tijane Thiam, a dire il vero persona che non ha mai goduto di molte simpatie a Zurigo.
E non parliamo del caso del Presidente del CdA, Horta-Osorio, scoperto con le dita nella marmellata. Forse, e il dubitativo è d’obbligo, ora si è arrivati ad una vera svolta. La nomina di Ulrich Koerner, uomo che proviene dalla gestione patrimoniale, dopo diversi CEO di origine investment banking, indica il cambio di rotta auspicato da molti: meno investment banking, redditizio ma rischioso e costoso in termini di capitale proprio, più caccia ai ricchi clienti da gestire, attività più tranquilla.
Il 27 ottobre sapremo i dettagli di questa nuova operazione, che costerà cara: si parla di almeno 4-6 miliardi di dollari da racimolare per mettere in atto il piano. Come? Le speculazioni imperversano, ma forse, parlando di Credit Suisse, è meglio lasciare perdere le speculazioni e attendere i fatti che verranno mostrati a fine mese".
I timori per Credit Suisse
Il Quotidiano 06.10.2022, 19:00