“I dazi europei fanno più parlare che male”

Il settore siderurgico, ma non solo, è al centro del braccio di ferro sui dazi tra Stati Uniti e Unione Europea. Ma quale sarà l’impatto delle contromisure europee sui prodotti americani? Molto basso, dice al Telegiornale della RSI, Alessandro Fossati, titolare di un’azienda ticinese che commercia in acciaio. “Si tratta di un annuncio con un fine sostanzialmente comunicativo - afferma l’imprenditore -, ma non avrà un impatto su quella che è l’economia europea”. La ragione? “Perché questi sono dazi che vanno a toccare prodotti di nicchia. Spesso destinati a consumatori che, per esempio, comprano l’Harley-Davidson, la barca o il bourbon whiskey”.

Ma, secondo Fossati, “occorre anche prendere in considerazione come la volatilità del cambio euro/dollaro spesso faccia molto più male al commercio rispetto a quello che può fare un dazio che poi rimane stabile nel tempo”.

Per quando riguarda gli articoli in ferro-acciaio l’UE ha un export verso gli Stati Uniti per un valore di 8 miliardi di euro e importa soltanto 2 miliardi in prodotti statunitensi su un import di 73 miliardi. “L’Europa dagli USA non importa granché - conferma Fossati - . Al di là del gas, che vede nell’America la fonte principale in alternativa alla Russia, e del petrolio. Questi non sono stati toccati dai dazi. Se fosse successo ciò avrebbe inciso fortemente sul costo dell’energia nell’Unione europea, ma non solo”.

Il primo periodo dell’amministrazione di Trump, continua Fossati, “ci ha fatto capire che vuole dotarsi di strumenti negoziali, imponendo dazi che poi, come ha già fatto, toglie una volta ottenuto qualcosa oppure quando si è reso conto che non può ottenerla. Bisogna ricordare che i dazi vengono annunciati come qualcosa che va a punire l’origine dei beni, ma poi in realtà ad essere puniti sono i propri cittadini che dovranno pagare di più per avere gli stessi prodotti”.