Una dozzina di dipendenti dell’UNRWA avrebbe partecipato ai massacri del 7 ottobre scorso in territorio israeliano e diverse centinaia di loro sarebbero vicini ad Hamas o altri gruppi terroristi: queste le note accuse mosse da Tel Aviv nei confronti dell’Agenzia ONU per i rifugiati palestinesi che ha provocato una crisi di finanziamenti senza precedenti.
Nel frattempo è uscito il rapporto di inchiesta indipendente sulla neutralità dell’UNRWA, firmato dall’ex ministro degli Esteri francese Catherine Colonna la quale ritiene questo organismo “indispensabile, insostituibile”. Ha aggiunto che Israele “deve ancora fornire prove a sostegno” delle sue affermazioni secondo cui dipendenti dell’agenzia di soccorso delle Nazioni Unite sono membri di organizzazioni terroristiche”.
Lo svizzero Philippe Lazzarini, direttore dell’UNRWA, spera che il “rapporto Colonna” faccia tornare la fiducia dei Paesi donatori. Proprio lunedì Amnesty International Svizzera ha depositato a Berna due petizioni sostenute da più di 45’000 persone che chiedono al Consiglio federale e al Parlamento di sbloccare gli aiuti finanziari destinati all’agenzia dell’ONU per il soccorso dei rifugiati palestinesi e di impegnarsi per un cessate il fuoco immediato a Gaza.
Delegittimazione o fatti concreti?
Ma per molti, al di là delle mancate prove, la reputazione di questo gruppo resta dubbia. È frutto questo di una campagna di delegittimazione da parte di Israele? Ci sono fatti concreti che giustificano questo velo di sospetto? A rispondere a tale quesito è Jørgen Jensehaugen, ricercatore all’Istituto per la Pace di Oslo, uno dei maggiori specialisti del tema.
“Certo che è in corso da anni una campagna di delegittimazione dell’UNRWA - spiega alla RSI -. Non c’è nessun dubbio al riguardo. È altrettanto chiaro che non c’è nessuna prova delle accuse gravi che sono state mosse, ma detto questo, non lo sappiamo. Con 13’000 dipendenti a Gaza, è difficile immaginare che nessuno di loro abbia simpatie per Hamas. Ma da lì a dire che hanno partecipato agli attacchi del 7 ottobre siamo su un piano completamente diverso. Le accuse precise sono impossibili da discutere. Nessuno, né il direttore dell’UNRWA, né la commissione indipendente hanno ottenuto alcuna prova al riguardo, quindi non sappiamo quanto siano credibili”.
Quello che invece è noto sono gli effetti di questa campagna di delegittimazione. “La fame che c’è nel nord di Gaza ha molto a che fare con la delegittimazione dell’UNRWA, prosegue il professore, perché se avesse avuto accesso al nord di Gaza per distribuire cibo e aiuti, se i donatori avessero mantenuto i loro impegni, la fame sarebbe stata ridotta anche perché non ci sono organizzazioni che possono sostituire” questa agenzia a corto termine.
Cartelli a sostegno dell'UNRWA esposti nei giorni scorsi durante una manifestazione e Beirut
Ma perché Israele vorrebbe la fine dell’UNRWA?
Secondo il ricercatore in Israele da tempo si identifica l’UNRWA con il diritto di ritorno dei palestinesi, visto che è l’agenzia per i rifugiati palestinesi e quindi perpetua il loro status. L’argomentazione è questa: se non c’è più l’UNRWA non c’è più il diritto di ritorno dei palestinesi e dovranno per forza assimilarsi nei Paesi che li ospitano Siria, Giordania, Libano. È chiaro che questa è una premessa falsa, perché il diritto di ritorno dei palestinesi non ha a che vedere con l’UNRWA, ma con gli accordi internazionali presi in ambito ONU. In realtà la loro missione, chiosa, è quella di garantire un minimo di servizi e assistenza umanitaria ai rifugiati palestinesi, in attesa di trovare una soluzione politica.