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A pranzo, a Davos

Anno dopo anno, il vagare gastronomico di uno dei nostri inviati al Forum economico mondiale

  • 20 gennaio 2017, 07:09
  • 8 giugno 2023, 03:05
Davos, terra di conquiste...

Davos, terra di conquiste...

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Capita di assestare qualche discreto colpo di gomito, per trovare un varco e aggiudicarsi l’ultimo posto libero rimasto. Al bancone. E lì ordinare un piatto di pasta dignitosa. Poco dopo si apre di nuovo l’uscio del ristorante italiano: appaiono 10 ragazze, tutte bellissime. In fondo: la più bella. Una regina. Anzi: LA regina. Rania di Giordania. Per lei, per il marito e per la corte c’è una saletta riservata. Nel resto del locale, tutti a chiedersi quale sarà la sua pizza prediletta.

Capita di essere invitato a pranzo in un hotel a 5 stelle (dalla moquette impeccabile) per ascoltare in che modo la Cambogia stimolerà le sue esportazioni verso la Svizzera. Ci si siede ad un tavolo elegantemente imbandito. Davanti ai nostri occhi appaiono, via via, 4 o 5 portate. Una più squisita dell’altra. Difficile in queste condizioni concentrarsi sul riso cambogiano, nonostante il Primo ministro in persona ne stia tessendo le lodi. Si finisce quasi inevitabilmente per essere rapiti dal delicatissimo salmone, o dalla deliziosa crème au chocolat.

Ma non va sempre così bene. Capita anche che in un hotel a cinque stelle di Davos si voglia consumare un panino al volo, al bar, per tornare subito a seguire il ritmo frenetico del WEF. Sulla carta troviamo dei panini a Sfr. 44, da abbinare magari ad un’acqua minerale a Sfr. 19. L’appetito si smorza considerevolmente.

E allora la maggior parte delle volte capita che il pranzo venga consumato in sala stampa, assieme ai colleghi. Il WEF mette a disposizione vasche di insalata, vassoi di formaggi mediamente attraenti, e i panini – che vanno sempre per la maggiore. Anno dopo anno però il loro fascino si smorza. Chi arriva tardi rischia di restare a bocca asciutta. O deve far buon viso a ciò che resta sulla tavolata del buffet-stampa.

E poi capita infine che all’ultimo giorno del Forum economico mondiale (lavoro permettendo) si riesca a raggiungere il grande lunch finale davanti alla sala principale del Centro dei congressi. Tutti assieme. Per lo meno con lo sparuto gruppo di businessmen che rimane fino all’ultimo minuto a seguire il WEF. E allora la musica cambia. L’indecisione è forte. Si esclude subito l’offerta vegetariana, dopo quattro giorni di insalata. Il pesce affascina, ma la sella di capriolo si impone senza troppe discussioni. Capita però anche che dopo la seconda porzione s’inceppi la catena di rifornimento del catering. Ci si spazientisce. I più incontenibili ripiegano sul pesce, un po’ a malincuore.

E a questo punto forse tutti si rendono conto che è ormai scoccata l’ora di tornare a casa, alla normalità.

Pierre Ograbek

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