Non si placano le manifestazioni in Polonia contro il giro di vite sulle interruzioni di gravidanza. Mercoledì i dimostranti sono nuovamente scesi in piazza in tutto il paese, in occasione dello sciopero nazionale indetto dai promotori delle proteste.
Lo scorso 22 ottobre, il Tribunale costituzionale polacco ha vietato l’aborto anche in caso di grave malformazione del feto perché “incompatibile” con la Costituzione. La legge polacca era già una delle più restrittive in Europa.
La corte, riformata dal partito cattolico al potere Diritto e Giustizia (PiS), ha di fatto limitato il diritto all'aborto a soli due casi: se la donna incinta è in pericolo di vita o sia stata vittima di stupro o incesto.
La decisione ha provocato un’ondata di proteste, che si sono svolte ogni giorno nelle grandi città così come in piccoli centri tradizionalmente conservatori, secondo quanto riportato dai media.
Aborto: un diritto messo in discussione
Modem 27.10.2020, 08:20
Contenuto audio
“Distruggere il paese”
A seguito della decisione, i manifestanti, per lo più giovani, hanno scritto slogan sui muri delle chiese, disturbato le messe e bloccato il traffico in decine di città.
Il presidente del PiS, Jaroslaw Kaczynski, ha denunciato martedì i “tentativi di distruggere” il paese e ha invitato i suoi sostenitori a “difendere le chiese” contro i manifestanti, mentre il primo ministro Mateusz Morawiecki, anche lui membro del PiS, ha esortato a porre fine alla “barbarie” dei dimostranti.
Sono meno di 2’000 gli aborti legali all’anno in Polonia e la stragrande maggioranza di essi viene eseguita a causa di feti malformati. Ma i gruppi femministi stimano che ogni anno ne vengano praticati più di 200'000, illegalmente o all’estero.