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Almasri, scontro tra il governo italiano e la Corte penale internazionale

Bufera per il rilascio del libico accusato di crimini contro l’umanità - Meloni in imbarazzo - L’opposizione: si presenti in Parlamento

  • Oggi, 14:59
  • 2 ore fa
meloni premier

La premier italiana Giorgia Meloni

  • Keystone
Di: ATS/M. Ang. 

Continua a far discutere e a mettere in imbarazzo il governo Meloni il caso Almasri (il comandante della polizia giudiziaria libica, ricercato per crimini di guerra e contro l’umanità, arrestato in Italia ma poi subito scarcerato e portato in Libia addirittura con un volo di Stato italiano).

Il giorno dopo l’informativa dei ministri (quello della Giustizia Carlo Nordio e quello dell’Interno Matteo Piantedosi) e la bagarre in Parlamento, stavolta lo scontro si consuma tra il governo italiano e la Corte penale internazionale (CPI): la nuova miccia è una comunicazione giunta via mail ai magistrati dell’Aia, di cui dà notizia il quotidiano cattolico Avvenire. In questo avviso a puntare il dito contro la prima ministra Meloni, Nordio e Piantedosi è un cittadino sudanese, vittima assieme alla moglie delle torture del comandante libico Najeem Osama Almasri Habish.

Secondo la segnalazione, non consegnando Almasri alla CPI, la premier e i ministri “hanno abusato dei loro poteri esecutivi per disobbedire ai loro obblighi internazionali e nazionali”. La missiva è stata protocollata dalla Corte e lo stesso quotidiano cattolico - mostrando un’immagine parziale di un documento che reca un numero seriale - fa riferimento all’ “apertura di un fascicolo all’Aia”. Secca la smentita che arriva attraverso fonti del governo: “Non esiste ad oggi nessun procedimento aperto contro l’Italia dalla Corte penale internazionale. Il procuratore, spiegano le stesse fonti, non ha ufficialmente inviato la denuncia del cittadino sudanese né al cancelliere né ai giudici. Il rifugiato sudanese, viene spiegato ancora, ha inviato una mail all’indirizzo mail dedicato dell’ufficio del procuratore. Le comunicazioni sono moltissime, ognuna viene vagliata e solo se ritenuta fondata può originare un procedimento, che richiede mesi. Il tutto viene di solito tenuto riservato, salvo che lo stesso denunciante non lo riveli al pubblico”.

La stessa CPI, attraverso un suo portavoce, tenta comunque un chiarimento: “Secondo lo Statuto di Roma, ovvero il trattato istitutivo del tribunale internazionale, qualsiasi individuo o gruppo di qualsiasi parte del mondo può inviare informazioni al procuratore della Corte”: si tratta di “comunicazioni”, che “l’ufficio del procuratore non commenta”.

Anche l’opposizione non resta ai margini della bufera ed è pronta a scendere nuovamente in campo, stavolta all’Eurocamera. Il Parlamento dell’Unione ha inserito in calendario, per martedì undici febbraio a Strasburgo, un dibattito sulla “protezione del sistema di giustizia internazionale e le sue istituzioni, in particolare la Corte penale internazionale e la Corte internazionale di giustizia”: Movimento Cinque Stelle e Sinistra Italiana promettono di usarlo per portare in Europa il caso del generale libico rilasciato.

Ieri (mercoledì) la segretaria del Partito Democratico, Elly Schlein, aveva replicato duramente alle parole del ministro della Giustizia Carlo Nordio, che aveva cercato di ricostruire e giustificare davanti al Parlamento la scarcerazione di Almasri: “Lei non ha parlato da ministro ma da avvocato difensore di un torturatore”. “Il ministro deve trasmettere gli atti” della Corte Penale Internazionale - ha aggiunto Schlein - “lei accusa noi di non aver letto le carte, ma lei non ha letto la legge, ministro Nordio, e l’ha violata davanti al Paese”. “Meloni ha mandato i suoi ministri in Aula, un atteggiamento da presidente del coniglio, non del consiglio. Doveva esserci lei qua, perché quello che hanno detto i ministri non è una risposta”, ha detto Schlein.

Il caso Almasri, cosa è successo

La Corte penale internazionale (CPI), lo scorso 18 gennaio aveva notificato - a maggioranza - il mandato di arresto per il generale libico bloccato in Italia il 19 e poi scarcerato. La scarcerazione aveva scatenato le reazioni delle opposizioni contro il governo Meloni: accusano l’esecutivo di aver liberato “un torturatore” mandandolo a casa con un volo di Stato.

Nel dispositivo della pre-trial Chamber della CPI si legge che nel carcere libico di Mittiga (Tripoli), diretto da Osama Njeem Almasri, dal febbraio 2015 sono stati uccisi almeno 34 detenuti e che 22 persone, compreso un bimbo di 5 anni, hanno subito violenze sessuali dalle guardie. Almasri, secondo i giudici dell’Aja, “ha picchiato, torturato, sparato, aggredito sessualmente e ucciso personalmente detenuti, nonché ha ordinato alle guardie di picchiarli e torturarli”.

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