L'incidente al Passo Dyatlov è definito il più inquietante mistero alpinistico del '900, correlato ai presunti segreti dell'ex Unione sovietica e che ha prodotto una quantità notevole di dibattiti, ipotesi, ispirando perfino teorie cospirazioniste. Il dramma, in cui morirono nove alpinisti russi in circostanze misteriose, accadde 60 anni fa sugli Urali, in Russia.
Il 27 gennaio 1959, dieci alpinisti dell'istituto politecnico degli Urali si lancia nella scalata del monte Otòrten. Sono guidati da Igor Dyatlov, uno studente di 23 anni. Benché esperti, il cammino si annuncia subito molto difficile e uno degli escursionisti lascia anzitempo il gruppo, a causa di una malattia improvvisa. Non rivedrà mai più i suoi compagni.
Persi i contatti, partono le ricerche dei dispersi. Un mese più tardi i soccorritori trovano la tenda distrutta e dentro gli effetti personali degli escursionisti. Cinque cadaveri sono rinvenuti nelle vicinanze, mentre gli altri quattro corpi vengono trovati solo due mesi dopo sepolti sotto due metri di neve in un burrone. Il quadro delle indagini si complica: i primi sono morti per ipotermia, gli altri riportano gravi ferite. Cos'è successo? L'inchiesta si chiude anni e dopo, e la morte viene catalogata come causata da una forza misteriosa e sconosciuta.
L’arcano svelato: una valanga a placche ritardata
La spiegazione scientifica arriva ora da due professori dei politecnici di Losanna e Zurigo, Johan Gaume (EPFL) e Alexander Puzrin (ETHZ): una valanga a placche ritardata.
“La valanga non si è prodotta subito dopo la rottura, c'è stato un intervallo importante, di 9 ore. Il gruppo ha perforato la massa nevosa per installare la tenda. In seguito, la neve trasportata da forti venti si è accumulata sopra la tenda. La placca si è ingrandita, si staccata e ha travolto gli escursionisti, con grossi blocchi che possono provocare gravi ferite” spiega Puzrin.
Nessuno yeti quindi, niente test militari e nessuna forza sovrannaturale, solo la potenza della natura, ignara dei drammi umani. Mistero risolto.