Lo scrittore Assaf Gavron è l’autore de “La collina”, un testo che analizza in maniera particolare il conflitto israelo-palestinese. In questi giorni si trova a Londra, dove lo abbiamo intervistato, per un tour che lo porterà anche in Svizzera, allo Zürich Liest, il prossimo 25 di ottobre.
Come si è arrivati a quello che è successo sabato?
“Anzitutto il governo israeliano, che già adottava una politica decisamente estrema, nell’ultimo anno è andato ancora più a destra ed è stato ancora più duro con i palestinesi. Più che mai, continuando anche a promuovere insediamenti nei territori occupati. Inoltre, in questo periodo, il premier Benjamin Netanyahu nella sua una politica estera ha ignorato apertamente l’esistenza e i diritti dei palestinesi. Lui credeva che fosse un problema che può essere contenuto. Questa è la parola che usava “contenerli”. Sosteneva che Israele può superare senza troppa sofferenza alcuni piccoli attacchi da Gaza perché i razzi non sono efficaci e perché in ogni caso l’economia israeliana è forte. Ma questo concetto è stato travolto dagli attacchi di sabato”.
Dunque?
“Questo non è problema che si può “contenere” ed infatti è esploso. Non si può continuare a trattarli come adesso: umiliandoli e negandogli uno Stato. La politica verso la Palestina deve cambiare”.
Hamas ha agito perché poteva: c’è una dimensione sia intellettuale che fisica nell’attacco e un impiego di mezzi che possono derivare solo da una preparazione lunga e scrupolosa…
“Si, questo attentato sembra pianificato nei minimi particolari. E dal loro punto di vista è stato un grande successo”.
Dal vostro?
“Una catastrofe. Anzitutto dell’intelligence israeliana che incredibilmente non ne sapeva nulla. Poi dell’intero sistema di difesa del Paese. Io non so se dietro ad Hamas ci sia o meno qualcuno, se questo attacco è stato finanziato. Ma io mi chiedo: conta davvero qualcosa? La nostra priorità ora è quella di rendere sicuro il Paese. E solo dopo potremo pensare ad eventuali finanziatori o alla nostra dignità e al nostro onore”.
Spero che il risultato di questa guerra sia un cambiamento nella percezione della realtà. E che si vada verso la comprensione del fatto che c’è un altro modo per mettere fine a questo secolo di violenza.
Assaf Gavron
Tanti osservatori vedono la mano lunga dell’Iran ed un obiettivo preciso: far fallire i colloqui di pace tra Israele e l’Arabia Saudita…
“Credo che queste trattative di pace con l’Arabia Saudita siano parte del problema, perché abbiamo escluso la Palestina. E questo sicuramente ha dato ulteriori motivazioni ad Hamas. Mi spiego: se la pace non include la Palestina… perché loro dovrebbero volerla?”
Netanyahu ora cadrà?
“Sì, non credo proprio che il governo sopravvivrà a quanto avvenuto sabato. Questo attacco è stato inatteso e questo è inaccettabile. Inoltre Netanyahu era in calo di popolarità a causa della riforma della giustizia. Questo governo è nato per risolvere i problemi di Netanyahu e spinge nella direzione dello Stato antidemocratico. Questo ha reso deboli sia l’esercito che la polizia, intaccando la forza del sistema di sicurezza del Paese. E credo che la gente di Israele ora capisca quello che è successo. Dunque penso proprio che sia impossibile per questo governo sopravvivere a questo attacco. Ora siamo in piena emergenza, ma appena si uscirà dalla crisi e si tornerà ad una vita più o meno normale, il governo cadrà”.
Gaza è assediata. I bombardamenti sono in corso. Israele ha richiamato 300’000 riservisti ed il Governo promette che la risposta per Hamas sarà durissima. Ma la gente comune cosa vuole: pace o vendetta?
“Mi scuso per questo, ma credo che tanta gente oggi in Israele voglia vendetta. Al contempo però molti sono arrabbiati con il governo e lo ritengono responsabile di quanto accaduto. Insomma, nel mio Paese ora convivono due sentimenti contrapposti. Ma non credo ci sia una netta maggioranza della popolazione favorevole ad un contrattacco su Gaza”.
E lei cosa pensa?
“Personalmente non credo che la vendetta sia una risposta corretta. Anzitutto dobbiamo proteggerci e rimandare i terroristi verso Gaza. Poi dobbiamo riuscire a liberare gli ostaggi e aiutarli a tornare a casa”.
Sembra molto provato da quanto accaduto…
“Si. È qualcosa che non abbiamo mai visto nella nostra vita. Forse la peggiore cosa che ci sia mai capitata…”
Qual è ora la sua speranza per il futuro?
“Spero che il risultato di questa guerra sia un cambiamento nella percezione della realtà. E che si vada verso la comprensione del fatto che c’è un altro modo per mettere fine a questo secolo di violenza. Non so se sia realistico. Ma è comunque la mia speranza”.
Israele, il primo giorno di guerra
Telegiornale 08.10.2023, 20:53