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Verso un possibile duopolio dollaro-yuan?

In ottobre i media cinesi scrivevano: “Costruire un sistema di pagamento alternativo è una necessità storica” - Oggi questa necessità si è rafforzata: la Cina vuole ridurre la dipendenza dalla moneta USA e dal sistema SWIFT

  • Oggi, 05:52
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L’influenza della moneta cinese sta crescendo

  • KEYSTONE/DPA/Fernando Gutierrez-Juarez
Di: Lorenzo Lamperti 

Lo scorso ottobre, mentre a Kazan si svolgeva il summit dei BRICS, i media cinesi sentenziavano: “Costruire un sistema di pagamento alternativo è una necessità storica”. Circa sei mesi dopo, nel pieno di una nuova guerra commerciale contro gli Stati Uniti di Donald Trump, quella convinzione si è ulteriormente rafforzata. La Cina vuole ridurre la dipendenza dal dollaro statunitense e dal sistema SWIFT. Non solo la sua, ma anche quella dei suoi partner commerciali.

Ed ecco allora che è stato presentato un piano d’azione per promuovere l’internazionalizzazione dello yuan e del proprio sistema di pagamento interbancario transfrontaliero CIPS (Cross-Border Interbank Payment System). Obiettivo: promuovere l’utilizzo della sua moneta e schermarsi dalle sanzioni, nonché tutelare l’interscambio commerciale dai dazi. Tentando di avvicinare un possibile duopolio dollaro-yuan in una sorta di G2 finanziario Cina-USA, vero sogno proibito di una Pechino che non vuole “sostituirsi” a Washington, ma “aggiungersi” sulla base del concetto “rispetto reciproco”. Tradotto: accettazione dei rispettivi modelli di sviluppo e rispettive aree di influenza, che sia questa finanziaria o strategica.

Il piano è stato reso noto congiuntamente dalla Banca Popolare Cinese (l’istituto centrale di Pechino), dall’Authority per la Regolamentazione Finanziaria e dal governo municipale di Shanghai sede di una delle borse del Paese e dotata di uno status di hub finanziario globale. Il piano prevede un ruolo centrale per la metropoli della costa orientale cinese, chiamata a migliorare la funzionalità del sistema di pagamento CIPS. Il tutto di concerto col governo centrale, che promette di rafforzare il sostegno finanziario alle imprese cinesi che “si stanno globalizzando” promuovendo l’utilizzo della moneta nazionale.

Secondo il piano d’azione, Shanghai incoraggerà le imprese statali impegnate negli investimenti all’estero a dare priorità all’uso dello yuan nei pagamenti e nei regolamenti transfrontalieri, per contribuire a una più ampia adozione della valuta. Il documento invita inoltre a sviluppare servizi su misura per incrementare l’uso dello yuan in settori quali il commercio elettronico, le esportazioni di attrezzature su larga scala e i servizi per i dipendenti all’estero.

Regolare un maggior numero di transazioni utilizzando la valuta e il sistema di pagamento cinesi consentirebbe a Pechino di rafforzare la propria posizione nelle reti commerciali globali e di ridurre i danni causati da eventuali mosse degli Stati Uniti per limitare il suo accesso al sistema finanziario basato sul dollaro. Un obiettivo quanto mai urgente, mentre Trump ha sostanzialmente chiesto ad aziende e Paesi terzi di scegliere da che parte stare tra Washington e Pechino, che ha a sua volta risposta minacciando conseguenze per tutti i governi che sottoscriveranno intese con la Casa Bianca in grado di danneggiare gli interessi cinesi.

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Il pensiero va soprattutto ai Paesi del cosiddetto Sud Globale, in particolare quelli che fanno parte della Belt and Road Initiative o dei BRICS, la piattaforma dell’economia emergente in fase di progressivo allargamento. Da tempo si rincorrono voci non confermate su una possibile estensione del sistema di pagamento transfrontaliero in yuan digitale per i Paesi dell’ASEAN (Associazione delle Nazioni del Sud-Est AAsiatico) e del Medio Oriente. Nell’ultimo annuncio della Banca del popolo sul tema, lo scorso ottobre, è stato predisposto un test valevole su Hong Kong, Thailandia, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti per effettuare pagamenti con le valute digitali delle banche centrali attraverso tecnologia blockchain.

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Già da anni, a ogni vertice dei BRICS si parla di spingere le monete nazionali, a scapito del dollaro statunitense. Obiettivo che pare in realtà complicato. Certo, viene dato impulso a una parziale dedollarizzazione degli scambi commerciali tra i Paesi membri, ma l’ambizioso progetto di una moneta unica appare ancora un miraggio. Certo, la quota di commercio internazionale in yuan è cresciuta costantemente, raggiungendo oltre il 5% delle transazioni globali nel 2024. Cresce anche l’interesse delle banche centrali, con oltre 85 Paesi che detengono riserve in yuan.

Molti analisti ritengono però che sia difficile immaginare una sostituzione del dominio del dollaro con un dominio dello yuan. Semmai, lo scenario è quello della progressiva potenziale creazione di un duopolio dollaro-yuan, dove l’influenza della moneta cinese si aggiunge a quella della moneta statunitense, senza soppiantarla completamente. È lo stesso principio alla base del rapporto tra le altre piattaforme multilaterali di impulso cinese e quelle tradizionali, che Pechino dice di non voler rovesciare, ma al limite integrare con altre piattaforme “più eque” e in linea con quello che chiama “vero multipolarismo”.

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