Lunghe frenetiche giornate. Di promesse, minacce, lusinghe e ricatti. A Theresa May mancano ancora troppi voti per sperare che Westminster, martedì prossimo, approvi il suo accordo con Bruxelles, per l’uscita del Regno dall’Unione Europea. Il tempo della moral suasion è scaduto.
Il dibattito, in corso in Parlamento in questi giorni, è lo specchio fedele di un reciproco disconoscimento. Tra i due fronti, cristallizzati: i pro e i contro l’intesa. Con quest’ultimi in netta maggioranza. Indisponibili a qualsiasi tipo di compromesso.
Deciderà Westminster
È unanime ormai la convinzione che in gioco non sia più l’approvazione dell’intesa, quanto l’entità della sconfitta della premier. In caso di disfatta, difficilmente potrà restare a Downing Street, anche se non è chiaro chi le subentrerà. Viceversa, resterà, pur esautorata da ogni prerogativa decisionale. A quel punto toccherà ai 650 deputati stabilire il da farsi: più un accordo con Bruxelles sul modello norvegese (affiliazione all’Associazione europea di libero scambio) che non un secondo referendum.
May torna a Bruxelles
Telegiornale 09.12.2018, 13:30
Brexit, missione disperata di May
Telegiornale 09.12.2018, 21:00