Le autorità brasiliane, a una settimana dalla tragedia, hanno diffuso giovedì un nuovo bilancio del crollo di una diga in un impianto minerario a Brumadinho, nello Stato di Minas Gerais. I morti accertati sono saliti a 110 (erano 99 al precedente aggiornamento) dei quali 71 identificati, ma è una cifra destinata a crescere ulteriormente perché restano disperse altre 238 persone.
Ci sono timori anche per l'ambiente, visto che il fango inquinato dai residui di minerali ferrosi possa raggiungere il San Francisco, corso d'acqua ricco di pesci e fra i più lunghi del paese. Fra il 5 e il 10 febbraio la colata dovrebbe raggiungere lo sbarramento idroelettrico di Retiro Baixo, a 300 chilometri dal luogo del crollo. Se questo non sarà in grado di contenerla, nulla potrà più fermarne la corsa fino al fiume, distante altri 30 chilometri. I prelievi effettuati finora nell'affluente Paraopeba già evidenziano un livello inquietante di metalli come ferro, magnesio e alluminio, mentre sono normali quelli di piombo, mercurio e arsenico.
Un incidente simile, anche quello in un impianto del colosso Vale, nel 2015 a Mariana, aveva causato 19 morti ma 60 milioni di metri cubi di residui tossici avevano inquinato fino a 650 chilometri di distanza, con tracce fino all'Atlantico. La peggiore catastrofe ambientale nella storia del paese.
Lo Stato ha bloccato tre miliardi di attivi del gruppo minerario, primo produttore mondiale nel suo campo, per i futuri indennizzi. Vale, che nel 2017 ha registrato un fatturato di 34 miliardi di dollari e utili per 5,5, dovrà inoltre smantellare una decina di dighe simili, il metodo più a buon mercato ma anche più rischioso per contenere gli scarti dell'estrazione.