Intervista

Cassis a New York: mille giorni di guerra in Ucraina, lo stallo in Medio Oriente, Biden e Trump

Incontro con il consigliere federale alla guida del DFAE in occasione della sua partecipazione a una doppia seduta del Consiglio di sicurezza dell’ONU

  • 19 novembre, 21:22
  • 19 novembre, 21:33
03:20

Cassis intervistato da Massimiliano Herber

Telegiornale 19.11.2024, 20:00

Di: Massimiliano Herber, corrispondente RSI negli Stati Uniti

L’autunno di New York regala una magnifica giornata dalle temperature primaverili, ma il turismo newyorkese per Ignazio Cassis si limita all’isolato delle Nazioni Unite. Giappone, Medio Oriente, Inghilterra, Sudan, Ucraina… sono le tappe di un tour de force diplomatico tra incontri bilaterali e due sedute del Consiglio di sicurezza dell’ONU.

La presenza al Palazzo di vetro è pure un’occasione per avvicinare il capo del Dipartimento Federale degli affari esteri divenuto restio a rilasciare interviste. Di seguito la trascrizione della brevissima chiacchierata avuta per il Telegiornale.

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Ignazio Cassis

  • RSI

Abbiamo superato anche il tredicesimo mese di conflitto in Medio Oriente. Ci sono mediatori che gettano la spugna, le parti sembrano sorde. Qual è la via di uscita?

Ignazio Cassis, capo Dip. federale degli affari esteri: “Purtroppo questa domanda non ha risposta. Lo ha mostrato bene la discussione questa mattina [al Consiglio di sicurezza]. Tutti si appellano, richiamano il rispetto del diritto internazionale umanitario e, nel contempo, esprimono frustrazione perché le leggi internazionali e le risoluzioni dell’ONU non vengono osservate da diversi Stati”.

Ma non c’è più spazio per la classica mediazione svizzera?

“Adesso in questo preciso istante nel Medio Oriente noi siamo in secondo piano, non in primo piano. Ma anche lì lo spazio per la mediazione c’è sempre, perché alla fine comunque si arriverà lì. Però in questo momento domina la logica militare della vincita sul territorio”.

Questa mattina ha condannato le leggi della Knesset contro l’UNRWA, però anche il Consiglio nazionale ha deciso di togliere i finanziamenti all’UNRWA. C’è il rischio di essere complici dei crimini di guerra?

“Ho affermato che le leggi che ha votato il Parlamento israeliano sono problematiche perché violano il diritto internazionale e perché impediscono de facto un aiuto umanitario, portandoci di fronte alla catastrofe umanitaria. Il governo svizzero è cosciente che l’UNRWA gioca un ruolo ancora oggi importante e che in questo momento non c’è un piano B, un’altra soluzione… Questo è il governo. Il Parlamento è un altro organo dello Stato e fa le sue riflessioni”.

Ma se il Consiglio degli Stati dovesse decidere di non sostenere più l’UNRWA verrebbe meno la tradizionale vocazione umanitaria svizzera?

“Non rispondo di principio a domande ipotetiche, cominciamo a fare il dibattito in Svizzera a vedere che cosa si decide… “ 

Non crede si rischi di essere comunque un po’ complici i crimini che vengono commessi?

“Non rispondo prima che i fatti siano sul tavolo”.

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Il capo del DFAE al Consiglio di sicurezza

  • RSI

Su tutti i grandi conflitti aleggia il cambio di presidenza americano. Lei è fiducioso o teme che il cambio di presidenza Trump possa portare ulteriore instabilità in Medio Oriente? Si parla di annessione della Cisgiordania...

“Purtroppo gli ultimi quattro anni sono stati oggetto di una pandemia, una guerra in Ucraina, una in Medio Oriente, una in Sudan. E questo con un governo Biden! Non è di certo soltanto il Governo degli Stati Uniti che cambia il mondo però sicuramente ci saranno delle differenze vedremo quali”.

Ha incontrato il neoministro degli esteri ucraino all’indomani dell’annuncio di via libera ai missili di lunga gittata da parte di Biden. Crede che sia una mossa che aiuterà la risoluzione del conflitto?

“Ho appena chiesto una conferma di questa decisione americana. Ma se effettivamente gli ucraini potranno utilizzare queste armi di lunga gittata sul territorio russo ci troveremmo in una fase di escalation del conflitto che ci preoccuperebbe molto. Poi bisognerà vedere quali esattamente con quale potenza e tutto”.  

Trump ha detto che risolverebbe il problema in 24 ore. Lei ci crede? Pensa che una soluzione del conflitto dovrà passare da un sacrificio territoriale da parte degli ucraini?

“Trump ha fatto molte affermazioni e credo che bisogna lasciarlo lavorare, vedere che decisioni prende e vedere quanto concreti e quanto efficaci saranno queste decisioni”.

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I capi della diplomazia svizzera e ucraina, Ignazio Cassis e Andrii Sybiha

  • RSI

Sono più i timori o la fiducia in un una svolta con la nuova presenza americana?

“Io sono in questo momento solo molto preoccupato, perché queste guerre malgrado tutti gli sforzi fatti da un sistema così importante come l’ONU, non si riescono a dominare. In questo momento domina in me la preoccupazione più che la fiducia”.

Pensa che l’impegno svizzero nel Consiglio di sicurezza non sia riuscito a portare quel cambio di marcia che aveva sperato?

“La Svizzera ha dato il suo contributo come costruttrice di ponti. Non siamo ancora alla fine e chissà cosa succede ancora nelle prossime settimane. Da questo punto di vista è andato tutto bene... Quello che viviamo oggi però è un Consiglio di sicurezza e, in generale, un ONU che non sono all’altezza delle aspettative della popolazione del mondo nel creare pace e sicurezza”.

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