La Polonia è uno dei grandi produttori mondiali di carbone e da esso dipende fortemente. Il minerale genera il 90% dell’energia elettrica prodotta e garantisce il riscaldamento del 70% delle case. Quest’ultima, però, è anche la prima fonte d’inquinamento del Paese, che a livello europeo è quello con la peggiore qualità dell’aria.
La dottrina dello sviluppo, sia nell’epoca comunista, sia in quella democratica che le è succeduta, non ha riconosciuto il dovuto valore alla tutela dell’ambiente e al diritto alla salute, che confligge tra l’altro con quello al lavoro: il comparto del carbone impiega infatti decine di migliaia di addetti.
Verso il riscaldamento a gas
La città di Cracovia, la seconda più grande del paese e una delle più inquinate in assoluto, ha recentemente operato una rottura, in questo panorama un po’ statico. Grazie alle campagne e alle proteste del Krakow Smog Alert (Krakowski Alarm Smogowy), un movimento civile nato nel 2013, le autorità hanno deciso di attuare a partire dal 2019 il bando totale sull’uso del carbone per riscaldare le abitazioni. Attualmente sono in vigore delle misure che incentivano il progressivo abbandono da parte dei cittadini delle stufe a carbone.
Cracovia a oggi è l’unica città polacca che ha scelto di praticare questa svolta. "Senza la mobilitazione della gente di Cracovia non saremmo mai arrivati a tagliare questo traguardo", spiega Andrzej Gula, animatore del Krakow Smog Alert (che sta cercando ora di allargare la battaglia a livello nazionale). È attraverso la sua testimonianza che ripercorriamo questa storia.
Matteo Tacconi