Numerosi agenti di polizia sono dovuti intervenire sabato sera a Opfikon per sedare i disordini scoppiati durante il festival dell’indipendenza eritrea.
Scontri del genere si sono verificati anche in altri Paesi occidentali durante l'estate. Le prime avvisaglie si sono viste in Germania, a Giessen, nei primi giorni di luglio. Le scintille si sono propagate poi, nel mese di agosto, a Stoccolma, e a Toronto, per riaccendersi quest’ultimo fine settimana a Tel Aviv e, appunto, nella località del canton Zurigo.
I tafferugli – particolarmente sentiti dalla comunità; solo a Zurigo si sono contate fino a 50 persone coinvolte - si svolgono sempre nella medesima cornice: una giornata commemorativa per festeggiare l'indipendenza eritrea dall’Etiopia, avvenuta nel 1991 dopo decenni di resistenza popolare.
Scontri fra eritrei a Zurigo
Telegiornale 03.09.2023, 20:00
Ma per quale motivo lo sfondo celebrativo dei festival riesce a lasciare spazio a tanta violenza? Cosa alimenta gli scontri tra connazionali? Il sospetto è che dietro le manifestazioni vi sia la lunga mano di Asmara, che utilizza queste feste come vetrina del regime di Isaias Afewerki, leader incontrastato del Paese da ormai trent’anni.
“Che il governo eritreo sfrutti questi eventi per fare propaganda è estremamente probabile” conferma Federico Battera, professore all’Università degli studi di Trieste ed esperto in storia e istituzioni d’Africa. “Si consideri che festival simili venivano utilizzati dal Fronte di liberazione del popolo Eritreo (FLPE) già in passato, per raccogliere i fondi necessari alla battaglia per l’indipendenza”.
L’FLPE, assieme al Fronte di Liberazione Eritreo (FLE), è stato un attore fondamentale per la conquista dell’indipendenza. Ottenuto il potere nel 1991, l’FLPE ha posto alla guida del paese Isaias Afewerki, leader del movimento.
Il movimento, divenuto nel 1993 Fronte popolare per la democrazia e la giustizia (FPDG), venne salutato dalla popolazione anche grazie a numerose promesse di democrazia. Ma dal suo insediamento Afewerki dirige la nazione con pugno di ferro, lasciando ampio spazio al braccio armato del potere e stroncando sistematicamente qualsiasi velleità democratica. L’unico partito consentito nel Paese è l'FPDG. Dal 2001 la stampa privata è vietata e dal 2010 i corrispondenti stranieri non sono più presenti sul territorio.
Il presidente eritreo Isaias Afewerki
Eritrea, qualche dato
L'Eritrea ha conquistato l'indipendenza dall'Etiopia nel 1991; due anni dopo è stata riconosciuta come nazione indipendente dalle Nazioni Unite. L'Eritrea è il decimo paese più povero al mondo: secondo le stime del Fondo Monetario Internazionale la nazione sfiora i 700 dollari di PIL pro capite all'anno. La popolazione è stimata tra i 3,5 e i 7 milioni di abitanti. L'indice di sviluppo umano (HDI) è di 0,459 punti, posizionando la nazione molto in basso nella classifica, alla 180esima posizione su 191. L'economia dello Stato si basa prevalentemente sull'agricoltura (che nel 2004 occupava l'80% della popolazione) e sull'estrazione mineraria.
Sulla carta la nazione è descritta come una repubblica presidenziale, ma di fatto “si può definire come un regime che controlla capillarmente i cittadini, soprattutto attraverso l’esercito”, spiega Battera. “In questo regime si riscontra una sorta di simbiosi tra politica e esercito: il movimento politico è sostanzialmente l’esercito”. L’importanza e la centralità delle forze armate è sottolineata dai continui rastrellamenti da parte del governo per reclutare, coercitivamente, la popolazione locale.
“I più emigrano e fuggono dal Paese per sfuggire alla morsa dell’esercito”, continua Battera. In tal senso, una considerazione importante da fare è la seguente: “In questi governi vige la regola: «che emigrino pure, purché non protestino»”. Purché non protestino in patria, beninteso.
Ma il regime punta ad arginare anche le contestazioni in territori stranieri. Infatti “il governo cerca di gestire la diaspora, temendo che i suoi futuri problemi possano provenire dai connazionali all’estero”.
Localmente non si riscontrano forme di dissenso. “Movimenti armati anti-governativi ora come ora non si registrano” conferma il professore. “Da una parte la capacità di repressione dell’esercito è molto efficace, dall’altra la propaganda sistematica alimenta probabilmente l’adesione verso il regime. Inoltre in passato il nazionalismo eritreo è stato molto idealizzato e ha trovato ampio consenso tra la gente”. Da ultimo, “è importante ricordare che il regime dà lavoro, attraverso le forze armate, a molte persone. Un po’ per questo, un po’ per quieto vivere, nel Paese non vi sono moti di disapprovazione”.
Gli scontri si sono tenuti trasversalmente in tutto il mondo occidentale, da Isreale al Canada. Nella foto i manifestanti radunatisi a Tel Aviv questo sabato
Stupisce, di contro, nelle democrazie occidentali -tra cui la Svizzera -, la presenza di eritrei filogovernativi. “Possiamo ritenere che all’interno di queste manifestazioni si muovano effettivamente infiltrati commissionati direttamente da Asmara” sostiene Battera. "Questo rientrerebbe nella logica di sedare il dissenso fuori dalla nazione, nel tentativo di mantenere il controllo sulla diaspora".
E per quanto riguarda invece gli oppositori? Chi sono? Cosa vogliono? “Difficile a dirsi, le ipotesi sono molte e sono da ricondurre al passato politico e partitico del Paese. In occidente è verosimile supporre che la maggior parte dei dissidenti siano da ricollegare alle frange deluse dall’operato dell’FLPE”.
Il Forum Eritreo per il dialogo nazionale ne dà un perfetto esempio. L’organizzazione è stata fondata dal 2013 nella diaspora da un ex leader del partito unico nazionale e raccoglie contestatori in esilio. Teme un collasso politico del paese e mira a rimuovere Afewerki dalla guida dello Stato ma, al contempo, vuole mantenere l’FPDG (l’allora FLPE) al potere. “Sono persone animate sempre dal senso di nazionalismo che caratterizza il movimento” specifica Battera, “ma ispirate da sentimenti democratici”.
Scontri tra eritrei, i motivi
Telegiornale 04.09.2023, 20:00