Dazi del 25% sulle auto importate negli Stati Uniti a partire dal 2 aprile (ma l’incasso inizierà il giorno seguente): li ha annunciati Donald Trump mercoledì sera e le ripercussioni non si sono fatte attendere in borsa, dove i titoli dei colossi del settore - che già sta attraversando un momento di crisi, in particolare (ma non solo) per il comparto elettrico - sono in calo questo giovedì. L’Unione Europea per bocca di Ursula von der Leyen ha espresso “rammarico” per la notizia “cattiva per le imprese, ancora peggiore per i consumatori”.
RG 12.30 del 27.03.2025 Le reazioni europee nella corrispondenza da Bruxelles di Andrea Ostinelli
RSI Info 27.03.2025, 15:59
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Bruxelles per ora prende tempo ma reagirà certamente, come ha reagito ai dazi sull’acciaio colpendo - da metà aprile - prodotti come motociclette, jeans o bourbon.

Con questa firma l'ufficializzazione del provvedimento
Il premier canadese Mark Carney ha parlato di un attacco diretto ai lavoratori del suo Paese e minacciato ritorsioni, così come il suo omologo giapponese Shigeru Ishiba, secondo il quale “tutte le opzioni saranno sul tavolo” al momento di decidere la risposta di Tokyo. Di fatto, le conseguenze dell’annuncio di Trump si faranno sentire soprattutto in Paesi alleati.
RG 12.30 del 27.03.2025 La reazione asiatica nella corrispondenza di Lorenzo Lamperti
RSI Info 27.03.2025, 16:04
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Ma chi viene colpito da questa misura? La prima cosa da capire è che non è diretta contro i produttori stranieri a profitto di quelli statunitensi, ma contro chi produce all’estero vetture vendute sul mercato americano, indipendentemente da dove ha la sede centrale. Per chiarezza, anche i fabbricanti a stelle e strisce che hanno delocalizzato impianti di produzione saranno toccati dalle nuove tariffe doganali. La Ford per esempio fabbrica fuori dai confini circa il 20% dei modelli per il mercato interno, General Motors importa 650’000 esemplari l’anno. Sono colpite anche importazioni da Paesi legati a Washington da accordi di libero scambio come lo USMCA (con Messico e Canada) o il KORUS (con la Corea del Sud).

Trump, nuovi dazi sulle auto
Telegiornale 27.03.2025, 12:30
Fa eccezione solo in parte Tesla: come spiegato dallo stesso Elon Musk su X, importa componenti (quelle importanti come motori o trasmissioni saranno sotto dazio al più tardi dal 3 maggio) anche se assembla in Texas e California quello che vende negli Stati Uniti.
Ma già oggi, le auto non sono tassate all’importazione? I nuovi dazi si sommano a quelli già in vigore. Nel caso delle vetture di fabbricazione europea, oggi gli Stati Uniti già impongono dazi dal 2,5% (ma 25% su pickup e altri veicoli commerciali). Nella direzione opposta, l’Unione Europea chiede il 10% sulle importazioni di macchine “made in USA”. Donald Trump critica anche l’IVA europea, che però non è un fattore, visto che si applica in ugual misura a tutti i prodotti indipendentemente dalla provenienza.
A cosa servono i dazi? Lo scopo è quantomeno triplice. I dazi sono un mezzo di pressione, perché per esempio l’Europa che è in forte attivo nei suoi scambi con gli Stati Uniti ha interesse a evitare una guerra commerciale. Dai negoziati Washington potrebbe quindi strappare concessioni. C’è poi l’obiettivo di riequilibrare la bilancia commerciale e nel contempo quello di frenare la deindustralizzazione, inducendo a spostare negli Stati Uniti impieghi oggi finiti all’estero.
"Mantenetelo fatto in America", chiedevano questi lavoratori di Lansing, Michigan, nel 2009. Protestavano contro la delocalizzazione di fabbriche di autobili
Non a caso l’unica reazione positiva è quella dei sindacati dei cosiddetti “blue collars”: “Migliaia di posti ben pagati potranno essere riportati nelle comunità di lavoratori degli Stati Uniti entro pochi mesi, sfruttando maggiormente impianti oggi sotto-utilizzati”, ha detto Shawn Fain della UAW (United Auto Workers). Anche per loro, tuttavia, l’arma è a doppio taglio: le vetture di marche statunitensi fatte in Messico e Canada, per esempio, vengono assemblate a partire da pezzi prodotti in parte negli Stati Uniti. E il comparto delle componenti per auto vale 550’000 impieghi negli States, secondo la CNN, più di quelli garantiti dalle fabbriche di veicoli. Fabbriche di qua e di là dal confine sono quindi interdipendenti. Un esempio: Washington importa macchine dal Messico per oltre 49 miliardi di dollari (dato del 2024) ma esporta pezzi per 35,8.
C’è una parziale esenzione: all’importazione dal Canada o dal Messico, la quota di componenti statunitensi sarà esentata dal dazio del 25%. Esempio: su una vettura “messicana” ma con il 60% di pezzi statunitensi, si pagherà la tariffa unicamente sul 40% restante. Ma la certificazione si prospetta come complessa.
E per i consumatori che succede? I veicoli venduti negli Stati Uniti sono destinati a rincarare parallelamente all’incremento dei costi per i produttori e esportatori. Cox Automotive stima che il costo di una vettura prodotta negli Stati Uniti salirà in media di 3’000 dollari, di una fatta in Canada o Messico di 6’000 dollari. Inevitabili, quindi, le ripercussioni sui listini - fra i 3’000 e i 10’000 dollari per gli esemplari fatti in Europa - ma determinati modelli di bassa gamma e prodotti con margini ridotti potrebbero semplicemente sparire dal mercato perché non più redditizi.
I prezzi per i consumatori sono destinati a crescere
Secondo Jennifer Safavian, presidente e CEO di Autos Drive America, “le nuove tariffe renderanno più caro produrre e vendere macchine negli Stati Uniti, conducendo infine a prezzi più alti, meno opzioni per gli acquirenti e meno impieghi nella manifattura americana”.
Ma quante auto si producono, importano e vendono negli Stati Uniti? Stando ai dati dell’ACEA, l’Associazione europea dei costruttori di auto, in Nord America sono state prodotte nel 2024 11,35 milioni di vetture e di queste solo 7,39 milioni negli Stati Uniti, dato che corrisponde a poco meno del 10% della produzione mondiale e che risulta in calo del 3,5% rispetto al 2023. A titolo di paragone, l’Europa ha sfornato 14,4 milioni di auto (-4,6% su base annua) di cui 11,4 milioni nei Paesi membri dell’Unione Europea.

Una fabbrica Ford a Louisville, in Kentucky: gli Stati Uniti fabbricano meno di un decimo delle auto vendute nel mondo
Le auto vendute (o meglio le nuove auto registrate) negli Stati Uniti sono state invece 12,7 milioni (+3,1%). Secondo quanto scrive il New York Times citando la Bernstein, un’azienda di consulenza a Wall Street, quasi un’auto su due venduta nelle concessionarie USA arriva dall’estero, così come il 60% delle componenti delle macchine assemblate nelle fabbriche americane. Sono dati esposti in conferenza stampa mercoledì anche dal consigliere per il commercio di Trump, Peter Navarro, secondo il quale meno di un’auto su cinque venduta negli States ha un motore “fatto in casa”.
Le importazioni complessive del ramo “automotive” ammontavano lo scorso anno a 474 miliardi di dollari, 220 dei quali sotto forma di vetture.
Quali sono i Paesi maggiormente colpiti dai dazi? In termini di valore, il 22,8% dell’import statunitense di auto arriva dal Messico, il 18,6% dal Giappone, il 17,3% dalla Corea del Sud, il 12,9% dal Canada e l’11,7% dalla Germania (l’UE fa il 20%, l’Europa tutta insieme il 25, con Italia, Polonia e Ungheria pure molto esposte).
Per i costruttori tedeschi, gli Stati Uniti sono il primo mercato estero, con una quota del 13,1% sulle esportazioni. Ma i Paesi produttori asiatici sono ancora più vulnerabili: nel 2024, le auto hanno rappresentato il 28% dell’export nipponico oltre il Pacifico, 1,37 milioni di esemplari secondo l’associazione dei costruttori JAMA, per circa 40 miliardi di dollari. Non bruscolini per un settore cruciale dell’economia giapponese, visto che garantisce un decimo degli impieghi. Nel caso della Corea del Sud, le auto costituiscono il 27% delle vendite negli Stati Uniti, 35 miliardi di dollari nel 2024. I coreani hanno venduto 2,78 milioni di macchine all’estero, di questi 1,43 milioni negli Stati Uniti.
E negli States sono finiti 2,5 dei 4 milioni di veicoli fatti in Messico nel 2024 e 1,1 milioni degli 1,3 assemblati in Canada.
E le marche più toccate? Visto quanto sopra, non sorprende che Hyundai abbia anticipato i dazi annunciando lunedì di volere investire 21 miliardi di dollari negli Stati Uniti nei prossimi quattro anni. Toyota ha comunicato di recente l’apertura della sua undicesima fabbrica statunitense. Nel 2024 ha venduto nel Paese 2,33 milioni di veicoli, 1,06 milioni dei quali, però, importati.
Il logo della Volkswagen fuori da una fabbrica di Puebla, in Messico, fotografata nel 2015
I costruttori europei e asiatici, tuttavia, sono esposti anche per la loro presenza soprattutto in Messico, dove hanno fabbriche i due colossi appena citati ma anche Honda, Nissan, Mazda, Mitsubishi, Mercedes e Volkswagen, così come Stellantis e le statunitensi Ford e General Motors.
Se si guarda alla quota importata sull’insieme delle vendite, per concludere - e sono dati pubblicati dal Corriere della Sera - si vede che la britannica Jaguar Land Rover non fabbrica negli Stati Uniti nemmeno una delle auto che vi vende. Volkswagen ne importa attualmente l’80%, Mercedes-Benz il 63% e BMW il 52%.