Stragista, carnefice, spietato assassino, già a 30 anni lucida mente criminale fra quelle all'origine della guerra scatenata dalla mafia allo Stato in seguito alle condanne ai danni di Cosa Nostra nel maxi processo di Palermo. Matteo Messina Denaro, finito in manette in una clinica di Palermo, era ricercato in tutto il mondo per associazione mafiosa, omicidio, strage, devastazione, detenzione e porto di materie esplodenti, furto. Era ritenuto l'ultimo grande boss mafioso latitante.
La notizia del suo arresto è esplosa lunedì mattina nelle redazioni senza che ve ne fosse sentore, anche se proprio domenica ricorrevano i 30 anni dall'arresto di Totò Riina e dunque nella stampa italiana il ricordo del 15 gennaio 1993 è stato un tema.
Noto anche con i soprannomi "U siccu" e "Diabolik", Matteo Messina Denaro è nato a Castelvetrano (Trapani) il 26 aprile 1962 e in gioventù ha svolto insieme al padre l'attività agricola presso una ricca e influente famiglia della regione. La prima denuncia per associazione mafiosa risale al 1989, ma ricopriva già di fatto il ruolo di capocosca, era alleato dei Corleonesi già dall'inizio di quel decennio e da allora totalmente devoto alla causa della famiglia mafiosa. Non ha mai scontato un giorno di carcere, nemmeno in gioventù.
Il capomafia trapanese è stato condannato a più ergastoli per sette stragi e una ventina di omicidi, compresi gli attentati del 1992 costati la vita ai giudici Giovanni Falcone (con la moglie Francesca Morvillo) e Paolo Borsellino con le scorte, e per altri messi a segno nel 1993 a Milano, Firenze e Roma costati la vita a dieci persone. A Messina Denaro è stato riconosciuto il ruolo di mandante.
La sua latitanza è iniziata proprio nell'estate del 1993. Nel corso degli anni, pentiti e inchieste hanno permesso di delineare maggiormente il ruolo del boss trapanese. Pentiti che Messina Denaro cercò di far ritrattare o uccidere, in particolare Santino Di Matteo, autore di rivelazioni sulla strage di Capaci e il cui figlio Giuseppe fu rapito, tenuto segregato per due anni e infine sciolto nell'acido nel 1996 affinché il suo corpo martoriato non fosse mai ritrovato.
Messina Denaro era l'ultimo boss mafioso di primo piano ancora ricercato. Oggi la cattura, che ha messo fine a una latitanza record come quella dei suoi fedeli alleati Totò Riina, sfuggito alle manette per 23 anni e arrestato esattamente 30 anni fa, e Bernardo Provenzano, arrestato nel 2006. Nel covo di Provenzano furono ritrovati i celebri "pizzini" con i quali indirettamente comunicava con Messina Denaro.
Più volte gli inquirenti italiani si sono avvicinati all'arresto di Messina Denaro, e altrettante volte il boss è riuscito a scomparire nuovamente, grazie anche a fughe di notizie pubblicate dai media. Il cerchio attorno al latitante si è stretto passando dall'arresto di numerosi fiancheggiatori ed esponenti di Cosa Nostra.
Alla clinica privata La Maddalena di Palermo, dove è stato arrestato, il capomafia si era sottoposto ad un intervento già un anno fa, e da allora stava facendo delle terapie in day hospital. Nel documento falso esibito ai sanitari c'era scritto il nome di Andrea Bonafede.
Catturato Messina Denaro
Telegiornale 16.01.2023, 13:30