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Erdogan: “Ospito e curo i combattenti di Hamas”

“Non è un’organizzazione terroristica: sono persone che lottano per la loro terra”, ha sostenuto il presidente turco - A Gaza non c’è più un posto sicuro, né a nord né a sud

  • 14 maggio, 21:17
  • 15 maggio, 10:25
Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan

Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan

  • Keystone
Di: SEIDISERA/RSI Info

“Nel mio Paese attualmente ci sono più di 1’000 membri di Hamas in cura nei nostri ospedali”. A pronunciare lunedì queste parole è stato il presidente turco Recep Tayyip Erdogan in occasione di una conferenza stampa congiunta ad Ankara con il premier greco Mitsotakis. Una conferenza durante la quale il leader turco ha corretto l’omologo, che precedentemente aveva definito il gruppo palestinese come terrorista. “Non considero Hamas un’organizzazione terroristica” ha dichiarato Erdogan, “al contrario: sono persone che lottano per proteggere la loro terra e il loro popolo”.

Non è la prima volta che il presidente turco si pronuncia energicamente in favore di Hamas, anche dopo il sette ottobre. Una posizione forte che mina in parte – almeno dal punto di vista della comunità politica occidentale – la credibilità di Erdogan come mediatore. Una credibilità più volte riconosciutagli: proprio nelle scorse settimane il premier uscente olandese Mark Rutte – candidato ad essere il prossimo segretario generale della NATO – ha affermato durante una visita ad Ankara che la Turchia gioca un ruolo cruciale per aiutare a risolvere la situazione a Gaza.
Dopo la conferenza con Mitsotakis, alcune fonti turche informate sull’argomento hanno cercato di smussare le parole del presidente, sostenendo che l’espressione era erronea: negli ospedali turchi non ci sarebbero migliaia di guerriglieri di Hamas, bensì semplici civili palestinesi in fuga dalle ostilità.

La Turchia cura gli esponenti di Hamas

SEIDISERA 14.05.2024, 18:50

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A Gaza non c’è più posto sicuro

Mentre le truppe dell’esercito israeliano si spingono in profondità in attesa di procedere ad un’incursione a Rafah (al confine con l’Egitto), sono tornati ad intensificarsi gli attacchi anche nel Nord della striscia, più precisamente nel campo profughi di Jabal. Un ritorno, quello al Nord, condotto per riconquistare un’area occupata dai combattenti di Hamas che secondo Israele si sono nuovamente raggruppati proprio in questa zona.

A gennaio le forze armate israeliane avevano diminuito gli attacchi e si erano successivamente ritirate dalla regione settentrionale, dopo aver affermato di aver smantellato il gruppo islamico. Ma dallo scorso fine settimana le cose sono cambiate. I residenti sono fuggiti dopo aver visto i carri armati avanzare verso il campo profughi di Jabal, costruito 75 anni fa proprio per i palestinesi sfollati.

Le forze israeliane domenica hanno affermato che l’avanzata intende bloccare la riorganizzazione delle infrastrutture terroristiche e gli agenti operativi nell’area. I combattimenti dentro e intorno al campo profughi riducono continuamente i luoghi sicuri a Gaza.

La rinascita e la ricostruzione di Hamas al Nord per alcuni esponenti militari israeliani è dovuta alla mancanza di un piano specifico da parte del governo per quanto concerne la fase post guerra. Stando a quanto riferisce il New York Times, ex alti ufficiali delle IDF sostengono apertamente che la mala condotta del governo costringe le truppe a combattere in aree già battute, ora nuovamente nel mirino di Hamas. Per diversi analisti si tratta di un’altra prova della strategia fallimentare di Tel Aviv.

Secondo l’UNRWA, l’agenzia ONU per i rifugiati palestinesi, i continui ordini di evacuazione sia a nord sia a sud, stanno portando a migliaia di sfollamenti e paura nelle famiglie al Nord. Ma la situazione non è diversa e resta preoccupante anche a sud, con quasi 450.000 persone sfollate dalla zona est di Rafah. Israele però insiste “senza l’eliminazione degli ultimi battaglioni di Hamas e la presa di Rafah, la vittoria non è possibile”.

Gaza: gli attacchi a nord e gli sfollati

SEIDISERA 14.05.2024, 18:51

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