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Francesco in Sud Sudan: «Basta distruzione!»

Le parole del Papa a Giuba poche ore dopo un attentato che ha ucciso venti persone. Il primate anglicano in viaggio con lui: «Sono sconvolto»

  • 3 febbraio 2023, 19:02
  • Ieri, 12:01
Con il presidente Salva Kiir

Con il presidente Salva Kiir

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Di: Paolo Rodari 

«Basta distruzione, è l’ora della costruzione!». Nel giardino del Palazzo Presidenziale di Giuba, capitale del Sud Sudan, Francesco ha incontrato venerdì pomeriggio le autorità del Paese e il corpo diplomatico e con alcune parole che, ha detto, «so possono essere state franche», ha chiesto che si entri definitivamente in «un cammino tortuoso ma non più rimandabile», il cammino della pace. Con lui davanti al presidente della Repubblica, Salva Kiir Mayardi, c’erano l’arcivescovo di Canterbury, Justin Welby e il Moderatore dell’Assemblea generale della Chiesa di Scozia, il pastore Ian Greenshields: i leader di ogni comunità cristiana erano presenti per chiedere insieme la fine delle violenze. «Basta sangue versato, basta conflitti, basta violenze e accuse reciproche su chi le commette, basta lasciare il popolo assetato di pace», ha detto con forza Francesco.

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Continua il viaggio di papa Francesco

Telegiornale 03.02.2023, 13:30

La denuncia di un paradosso

Dopo la visita nella Repubblica Democratica del Congo, dunque, oggi l’arrivo nello Stato africano divenuto indipendente dal Sudan soltanto nel 2011. È, a conti fatti, il Paese più giovane del mondo: con Kenya e Tanzania forma la macro-regione dell’Africa Est. Vi sono presenti diversi gruppi etnici. Tre milioni sono gli sfollati interni a causa degli scontri tra tribù rivali ed anche a causa delle conseguenze dei cambiamenti climatici. Francesco vi è arrivato anche per denunciare un paradosso: in un Paese con immense risorse e ricchezze naturali si vive da tempo in uno stato di estrema povertà acuito da un conflitto interno fra le forze governative del presidente Kiir, di etnia dinka, e quelle fedeli all’ex vicepresidente Machar, di etnia nuer, che in sei anni ha provocato 400'000 sfollati. «Frutti e vegetazione qui abbondano, grazie al grande fiume che attraversa il Paese – ha ricordato non a caso il Papa -. Quanto l’antico storico Erodoto diceva dell’Egitto, ossia che è un “dono del Nilo”, vale anche per il Sud Sudan. Davvero, come qui si dice, questa è una “terra della grande abbondanza”». Eppure «questa terra, che abbonda di tanti beni nel sottosuolo, ma soprattutto nei cuori e nelle menti dei suoi abitanti, ha bisogno di essere nuovamente dissetata da sorgenti fresche e vitali».

L’ultimo attentato

L’arrivo di Francesco in Sud Sudan muove da un percorso iniziato da tempo. Fu il Papa a dare impulso al processo di pacificazione nell’aprile del 2019, incontrando i massimi vertici istituzionali del Paese in Vaticano. A Kiir e al leader dell’opposizione Riek Machar, Francesco baciò i piedi chiedendo perdono reciproco e pace. Eppure ancora una pace duratura non sembra essere stata raggiunta. È di poche ore fa la notizia di un nuovo attentato avvenuto nella città di Kajo Keji dove sarebbero rimaste uccise alcune decine di persone: «Sono sconvolto – ha twittato in merito Justin Welby – dal fatto che alla vigilia del nostro pellegrinaggio di pace a Kajo-Keji, almeno 19 persone siano state uccise. È una storia che sentiamo troppo spesso in tutto il Sudan meridionale. Chiedo ancora una volta un percorso diverso: che il Sud Sudan si unisca per una pace giusta».

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Il Papa in Africa

Telegiornale 31.01.2023, 21:00

Il Sud Sudan è un Paese che ancora oggi «piange per la violenza che soffre, per la perenne mancanza di sicurezza, per la povertà che lo colpisce e per i disastri naturali che infieriscono» dopo «anni di guerre e conflitti», ha invece detto Francesco nel suo discorso a Giuba. E ancora: «Si getti alle spalle il tempo della guerra e sorga un tempo di pace! Non basta perciò chiamarsi Repubblica, occorre esserlo, a partire dai beni primari».

La strada vaticana

La strada che la diplomazia vaticana sta portando avanti in Sud Sudan, con l’aiuto anche delle organizzazioni umanitarie e dei consigli della Comunità di Sant’Egidio, è quella di dare nuovo impulso all’accordo di pace rivitalizzato nel 2018 per la creazione di un governo di unità nazionale. In sostanza, ad oggi, la pace è stata firmata, ma non ancora vissuta fino in fondo. Perché possa divenire reale Francesco ha chiesto che «vengano coinvolte maggiormente, anche nei processi politici e decisionali, le donne, le madri che sanno come si genera e si custodisce la vita». E ancora: «Nei loro riguardi ci sia rispetto, perché chi commette violenza contro una donna la commette contro Dio, che da una donna ha preso la carne».

No all’arrivo delle armi

Certo, a monte resta presente il problema dell’invio di armi da parte di potenze straniere. «Va arginato l’arrivo di armi che, nonostante i divieti, continuano a giungere in tanti Paesi della zona e anche in Sud Sudan: qui c’è bisogno di molte cose, ma non certo di ulteriori strumenti di morte», ha detto ancora Francesco. Proprio nei giorni scorsi Kiir e il capo del Consiglio sovrano di transizione sudanese Abdel Fattah al-Burhan hanno concordato di istituire una forza di sicurezza congiunta per prevenire il contrabbando di armi illegali. È un piccolo passo su una strada ancora incerta.

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