Rebelote! Ci risiamo: se nella campagna per le elezioni presidenziali sono mancati meeting, presenze e dibattiti, quella per le legislative sembra fare ancora peggio e più di un francese su due potrebbe rimanere a casa.
Questo nonostante nelle ultime settimane sia sorta una novità rilevante: i partiti di sinistra si sono uniti in un’alleanza, la NUPES, che sta facendo seriamente preoccupare la coalizione del presidente Emmanuel Macron, che i sondaggi danno al 28%, a un solo punto di vantaggio.
Usciti malissimo dalle presidenziali, socialisti, comunisti e verdi non hanno avuto altra scelta che rispondere all’offerta di unione di Jean-Luc Mélenchon, il leader del partito di sinistra radicale La France Insoumise (La Francia ribelle, ndr.) , forte di un inappellabile 22% di voti al primo turno.
La Nuova Unione Popolare Ecologica e Sociale (NUPES) si è così sforzata per trovare la quadratura del cerchio tra sensibilità che vanno dai comunisti ai socialdemocratici. Il collante sono state le misure di spesa, come la riduzione dell’età pensionabile da 62 a 60 anni (costa 5% del PIL), un salario minimo a 1'500 euro, e investimenti per 250 miliardi di euro (10% del PIL) concentrati soprattutto sullo stimolo dei consumi più che della produzione.
Più difficile appianare le divergenze su questioni come l’Europa, NATO o nucleare, dai quali Mélenchon vorrebbe piuttosto allontanarsi, al contrario dei socialisti, o la Russia, verso la quale il leader è decisamente più accondiscendente degli alleati. Ma, a sorpresa, il tribuno è riuscito a strappare un accordo dove questi punti rimangono sufficientemente opachi per permettere a tutti di firmarlo.
Il presidente Macron ha risposto a sua volta con Ensemble!, l’alleanza che riunisce tutti i partiti che lo sostengono (En Marche, i centristi del MoDem e Horizons, il partito del suo ex primo ministro Philippe) con la quale propone una direzione socioeconomica opposta: “l’unico modo di finanziare questo progetto è andando verso il pieno impiego e di lavorare più a lungo” ha affermato il presidente.
Età pensionabile aumentata da 62 a 64 anni e con 43 anni di contributi, è la riforma forte in programma. Questo garantirebbe la stabilità del sistema, una pensione minima accresciuta a 1'100 euro e la possibilità di aumentare i salari degli insegnanti, assumere più personale medico, migliorare i servizi pur continuando a ridurre progressivamente le tasse come negli ultimi cinque anni.
Il programma della NUPES sembra attrarre soprattutto verdi, cittadini e giovani tra i 18 e i 24 anni (44%), ma anche tantissime critiche da destra, e non solo, perché l’enorme spesa appesantirebbe un deficit (6,5% del PIL e un debito (112% PIL) già aggravati dalla crisi del Covid-19.
Macron invece è accusato soprattutto di prendere tempo evitando di fare campagna, un modo per togliere importanza anche agli altri candidati, approfittando della situazione da favorito che la vittoria alle presidenziali gli ha dato. Dalla riforma del 2000, alle elezioni del presidente seguono 2 mesi dopo le legislative che, fino ad oggi, hanno sempre dato maggioranza assoluta al partito presidenziale.
Quest’anno per la prima volta la situazione potrebbe cambiare. La NUPES raccoglierebbe tra i 175 e i 215 seggi e Ensemble! tra i 250 e i 330 su 577. Il Rassemblement National di Marine Le Pen tra i 20 e i 50. Sembra insomma che Mélenchon non arriverà ad avere una maggioranza assoluta - servono 289 seggi -, ma non è detto che Macron non perda la sua. Gli potrebbero mancare dai dieci ai 50 deputati. Nel primo caso sarebbe facile trovare una decina di persone da convincere; se invece si trattasse di un numero più alto, dovrebbe allearsi con altri partiti e la situazione si complicherebbe.
Più remota è la possibilità lanciata da Jean-Luc Mélenchon con un azzeccato spot: “eleggetemi primo ministro”. Per riuscirci, la NUPES dovrebbe arrivare ai 289 seggi, in quel caso il presidente Macron sarebbe obbligato a nominare un premier di sinistra, si entrerebbe insomma in ‘cohabitation’, con un presidente di un colore politico e un primo ministro di un altro.
È successo solo tre volte nella storia della V Repubblica, due sotto il socialista Mitterrand - che fu costretto a nominare prima Chirac e poi Balladur - e sotto Chirac presidente, obbligato a nominare il socialista Jospin. In entrambi i casi i primi ministri riuscirono a governare in barba ai presidenti: Chirac privatizzò tutte le aziende nazionalizzate da Mitterand e Jospin fece approvare le 35 ore settimanali, invise al gollista Chirac.
Saranno i francesi chiamati oggi alle urne per il primo turno - e domenica prossima per il secondo - a decidere se vogliono una cohabitation o meno. L’astensione sembra che sarà il primo partito del Paese, con sondaggi che prevedono fino al 55% di aventi diritto pronti a rimanere a casa. Uno scenario che avvantaggerebbe la coalizione del partito del presidente, Mélenchon, a 70 anni, ha già annunciato che lotterà per ogni seggio.