Dopo l’inizio dell’incursione ucraina nella regione russa di Kursk si sta riproponendo una di quelle fasi della guerra in cui l’informazione, la disinformazione e la non-informazione assumono un ruolo particolarmente rilevante. Alla mossa a sorpresa di Kiev, che ormai da una settimana procede con un raid allargato su un ampio territorio senza che lasci distinguere precisi obbiettivi militari e strategici, Mosca sta rispondendo con livello comunicativo di bassa intensità. Dall’Ucraina non sono arrivate per il momento che dichiarazioni generiche, anche per bocca del presidente Volodymyr Zelensky, con lo scopo di gettare insicurezza sul versante russo, mascherando le opzioni offensive. Dalla Russia Vladimir Putin ha annunciato retoricamente dure risposte, tentando di minimizzare l’operazione ucraina, sia per evitare possibili effetti politici destabilizzanti a Mosca, sia per rassicurare la popolazione nei territori coinvolti.
La rete e i canali militari
Se dunque su entrambi i lati scarseggiano o sono del tutto assenti informazioni ufficiali su cosa, come e perché sta accadendo nelle regioni russe di confine, e questa è comunque una scelta strategica precisa da parte di Mosca e Kiev per nascondere le proprie mosse, è vero che di notizie, spesso anche dettagliate, nel mare magnum della rete ne girano molte, nei canali militari specializzati legati all’una o all’altra parte, su Telegram e altre piattaforme. Il fenomeno non è certo nuovo, ma si fa più intenso quando appunto le fasi del conflitto richiedono maggiore copertura e silenzio ufficiale, per varie ragioni. Lo si è notato all’inizio dell’invasione e in altre occasioni, nel contesto in cui la Russia ha avuto sempre la tendenza a comunicare il meno possibile, al contrario dell’Ucraina, che ha scelto una strategia della comunicazione molto aggressiva, facendo della propaganda un’arma fondamentale.
Nelle fasi invece di non-comunicazione, come i primi giorni della recente incursione ucraina, nei momenti delicati di alcune battaglie come quella di Bakhmut o Avdiivka o nel caso della rivolta nel 2023 del capo della compagnia Wagner Evgeny Prigozhin, hanno invece un ruolo fondamentale i blogger di guerra, sia russi che ucraini, frequentemente legati alle rispettive forze armate o all’intelligence, che sono diventati anche fonti libere, o presunte tali, da cui poter attingere. Il problema è che spesso e volentieri anche loro non fanno solo informazione, ma anche disinformazione e contribuiscono così a rendere più fitta la nebbia della guerra.
Gli eredi di Prigozhin
In Russia raccolgono molta risonanza quelli legati alle reti ultranazionaliste, rimaste orfane lo scorso anno dopo la morte di Prighozin, che per oltre un anno aveva monopolizzato la comunicazione non ufficiale sul conflitto, in concorrenza appunto con quella del Cremlino. Molti dei cosiddetti blogger Zeta, dalla lettera divenuta simbolo dell’invasione russa, hanno sempre appoggiato il capo della Wagner nella sua crociata contro i vertici militari, in particolare il generale Valery Gerasimov e il ministro della Difesa, sino a quest’anno, Sergei Shoigu. Nonostante la fallita rivolta del giugno 2023, probabilmente percepita all’esterno in maniera più grave di quello che in realtà non fosse grazie alla disinformazione anche dei blogger, e la fine dello stesso Prigozhin, morto in un incidente aereo poco causale, i canali Zeta specializzati sono rimasti molto attivi. E in questi giorni sono anche loro che riferiscono delle operazioni ucraine in territorio russo, accusando di impreparazione la leadership a Mosca, secondo un modello già visto, e scontrandosi con la narrativa ufficiale. All’origine del tutto le varie correnti di potere all’ombra del Cremlino, con le frange più nazionaliste più esposte e attive foraggiate dall’oligarca Konstantin Maloveev.
Alleati involontari di Kiev
Paradossalmente, come hanno notato alcuni media ucraini, i blogger Zeta russi si sono trasformati talvolta, temporaneamente, in alleati involontari di Kiev, remando contro la narrazione del Cremlino, evidenziandone le incongruenze, ma anche dipingendo a loro volta un quadro sul terreno spesso non corrispondente alla realtà, per ragioni politiche. Le divergenze interne russe si estrinsecano in questa nuova fase della guerra, con un nuovo fronte aperto, nelle strategie comunicative di tutti gli attori, ufficiali e non. Ecco quindi che per decifrare in dettaglio quello che accade sul terreno, in questi casi non resta che avere la sufficiente pazienza aspettando che il campo emetta i suoi verdetti. Se la rivolta di Prigozhin si è esaurita in meno di 48 ore e ci sono voluti due mesi per archiviarla, dopo che molti avevano vaticinato il crollo di Putin e della Russia intera, per l’incursione ucraina sarà necessaria qualche settimana per capire da che parte si dirigerà il pendolo, al netto delle parole di Putin, Zelensky e blogger Zeta.
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