È un fatto del tutto inedito, una svolta nella strategia di Kiev: per la prima volta dall’inizio del conflitto, da qualche giorno non ci sono più solo truppe russe sul suolo ucraino, ma anche il contrario. Una scelta rischiosa, perché oltre a poter provocare una dura rappresaglia di Mosca, rischia di prestare il fianco a chi già da tempo afferma che non c’è una “superiorità morale” di Kiev, mentre fino ad ora - almeno dal punto di vista militare - è stato evidente chi è l’aggressore e chi la vittima.
“Sulla base dello stato attuale delle forze armate ucraine e delle loro difficoltà nel dispiegare un numero sufficiente di soldati, si tratta di una strategia volta non tanto ad avanzare, ma a obbligare la Russia a distogliere risorse dal Donbass, rallentando così l’avanzata russa”, afferma Mauro Gilli, ricercatore al Center for security Studies del Politecnico federale di Zurigo, dove si occupa di tecnologie militari e sicurezza internazionale.
La mossa può essere vista come un tentativo di impedire ulteriori progressi russi in territorio ucraino, specialmente nella regione contesa del Donbass, e migliorare la posizione negoziale dell’Ucraina in vista di futuri colloqui di pace.
Le motivazioni dietro la controffensiva
A prima vista la scelta di Zelensky sembra contraddire in pieno la crescente disponibilità degli ucraini verso l’ipotesi di trattative di pace. Ma Gilli offre una spiegazione: “Da un lato, rallentare l’avanzata russa è cruciale per l’Ucraina. Dall’altro, se il desiderio popolare di negoziati aumenta il governo potrebbe sentirsi spinto ad agire, prima che la sua libertà di manovra sia ulteriormente limitata”.
Mosca ha già promesso una reazione severa. “Difficile da dire esattamente cosa accadrà, ma temo dura rappresaglia contro la popolazione, seguendo un modello ormai noto in questi due anni di guerra”.
Zelensky: "L'attacco a Kursk spinge la guerra in Russia"
Telegiornale 11.08.2024, 12:30